venerdì 31 dicembre 2010

Questo Ventiundici

E suppergiù un anno fa tentavo di fare tutto quello che le persone fanno in queste occasioni. Un bilancio, una lista di buoni propositi e gli auguri. E, l'anno scorso, lo facevo dando i numeri.
Ora, che come di consueto mi fermo e faccio un pochino il punto della situazione, perchè secondo me è una genialata quella del capodanno, perchè uno mette in pause e ha il tempo per rendersi conto di dove sta andando e dove vuole andare, dicevo, ora che mi trovo per le mani le esperienze di un anno intero, questo Ventidieci, mi viene solo da sorridere.

Perchè io in questo ventidieci ho ricominciato a credere nel buono delle cose e delle persone.
Ho deciso di inseguire solo le cose Vere, e ciò mi è costato non poco.
Ho imparato che non è mai troppo tardi per fare pace con se stessi. E con gli altri.
Ho stilato una lista dei futuri mariti (siamo ad una ventina, ora).
Ho guardato il deserto della California seduta su una panchina.
Ho ascoltato i Baustelle, anche troppo, anche dal vivo.
Ho scoperto che le cose belle esistono.
Come l'Amore.
Perchè io, in questo ventidieci, in maniera del tutto infantile e criticabile, mi sono innamorata. Di un sacco di cose. Della mitologia greca, del tramonto, della luna, del pollo al curry, di lui.

E i buoni propositi sono sempre tanti, sempre troppi, sempre troppo impossibili. Come boicottare la Coca Cola e la Nike.
Come disintossicarmi dal caffè, o studiare di più, o imparare l'albanese, o vestirmi meglio, o truccarmi, come finire di scrivere le cose che comincio, come abituarmi alle borse piccole.
So bene che a questo punto come minimo mi sono guadagnata la fama di pazza sclerata, ma, ecco, per lo meno, io ci provo. Prima di tutto a continuare a costruire la mia vita come ho iniziato a fare, e poi cercando sempre di fare meglio, in questo Ventiundici.

Buon Ventiundici, gente.

sabato 25 dicembre 2010

Ora dei pacchettini e dei fiocchi e dei Oh che bello

E questo è uno di quei post tutti uguali sul Natale, quelli che sanno di panettone, così tanto che una volta finito di leggerli, senti ancora un po' l'uvetta tra i denti...
Questo è un post di quelli, perchè ha scelto di essere un post di quelli, perchè nonostante io sia abbastanza distante dal vero significato del Natale e compagnia bella, io, oggi, voglio spendere due parole dolci, per le persone.
L'atmosfera natalizia è una cosa meravigliosa, presa nella giusta quantità. Certo, è svanita tutta la magia che era racchiusa negli scatoloni insieme all'albero, ma è bello vedere le persone tutte prese da questa cosa magica che sarebbe il Natale, consapevoli che al massimo tra due giorni sarà tutto come prima, se non peggio. E' normale, è così, così è sempre stato.
Ma quest'anno c'è una novità. Una novità, già. Di quelle che faranno piovere zucchero a velo su questo post e vabbè, è Natale, tralasciamo la linea.
La novità di quest'anno, è la Felicità. Ecco, l'ho detto. Sono caduta anch'io vittima del dolciume natalizio. Ma non disperate se anche voi in questi giorni siete tutti così molto zuccherosi, poi passa.
Buon Natale,
davvero, perchè è giusto che tutti godano un po' della magia perduta.
Buon Natale,
e lasciate il lato triste di voi stessi per un altro giorno.
Buon Natale,
perchè deve essere così, e basta.

lunedì 20 dicembre 2010

Ora dei carillon spezzati

Cercò i suoi occhi, ancora così pieni di vita. Le mani scarne cercarono il viso bianco della bambina. Nessuna lacrima, da nessuna parte.
La mano si abbandonò sul lenzuolo bianco, quello con il bordino rosa ricamato e una bambina dai capelli rossi in un tondo azzurro, e sotto, ricamato in corsivo Josephine.
Negli occhi sfilarono le parole.
Perdonami amore mio.

... Morì. In una mattina di Gennaio di non molto tempo fa. Morì. Ma con eleganza, con la stessa eleganza a cui aveva sempre fatto attenzione.

... Non morì. Perchè aveva deciso di non morire. Perchè voleva ancora il tempo di chiedere scusa come si deve. Perchè a lei non piaceva lasciare le cose così, a metà.

martedì 14 dicembre 2010

Ora del riso soffiato e mou

Perchè nel comò in fondo al salone della vecchia casa della nonna, lì, quello sempre in penombra perchè tanto non ci arrivava mai nessuno, lì... c'era lo spiritello cattivo.
E ogni volta che dovevo passare dal salone, giravo la testa per non guardarlo, e tremavo e il cuore mi saliva in gola.
Paura.
Cosa c'è dietro quegli alberi? Cos'ha fatto quel rumore in cucina? Il vaccino? No, le siringhe no, non mi piacciono.
Paura.
Ci viviamo dentro. E siamo pronti a mandare male chiunque ci spinga ad affrontarla, come se, puf, passasse. No, non è proprio così che funziona. Se chiudi un claustrofobico in una scatola, state pur tranquilli, non guarisce.
Ma. Come tutto ciò che è stato progettato, anche la paura dovrà pure avere uno scopo. Un po' come il dolore. Serve.
Certo, non deve diventare patologia.
Io, la paura, non so come si curi. Nonostante io e la paura siamo pappa e ciccia, proprio non lo so, come uscirne.
E la mia paura non si ferma al comò della nonna, o alle siringhe. No.
Ho paura degli sguardi della gente, parlano troppo.
Ho paura del mare, quando non vedo il fondale.
Ho paura del futuro.
Ho paura della solitudine.
Ho paura di dire ti voglio bene.
Ho paura di lasciarmi cadere all'indietro.
Ho paura di non essere abbastanza.
Ho paura di un'altra miriade di cose, che non basterebbe un trattato, per scriverle tutte.
Fatto sta, che alcune di queste sono proprio scomode.
Come quella di amare,
punto.

venerdì 10 dicembre 2010

Ora dei coltelli di paglia

Occorrerebbe fermarsi
per sorseggiare con calma
la vita,
assaporarla meglio.
Occorrerebbe tempo per
piangere,
fermarsi un attimo,
e poi
ricominciare.

lunedì 29 novembre 2010

Ora dei sogni con le scarpe

N è una ragazza che ricordo con piacere. Se ne stava lì, sola, mentre noi altri stavamo lì, insieme. Tutti dicevano che N era scema, o forse depressa, o forse tremendamente sola. Ma io ne ero attratta, nel senso, come può attrarre una persona che, si vede lontano un miglio, ha delle storie addosso. E nella fretta tutti le facevano mille domande, per convenienza, o forse perchè perfino a qualcuno, interessavano davvero, le storie di N.
E lei, quando le facevano le domande, perchè volevano sapere, sorrideva e ringraziava, e poi spariva. Voglio dire, di essere lì era lì, solo che - il suo sguardo - era come se non fosse lì, era come se guardasse, ma all'interno. Le persone le accennavano un sorriso imbarazzato e si allontanavano, lasciandola lì, o forse altrove.
Anch'io volevo sapere le sue storie, volevo possederle, volevo raccontarle, volevo capirle e tenerle tra le dita, giocando, come qualsiasi altra storia, anche se triste, che rimane un po' dolce se la arrotoli tra le dita con la carta. Solo che nessuno, neanche io, aveva capito che le storie di N non appartenevano neanche a lei, e nessuno poteva possederle. Non le aveva semplicemente vissute, ma qualcosa di più.
N è una ragazza che ricordo con piacere. Anche se non so le sue storie. Ma io, una volta, l'ho guardata negli occhi, così, per capire. E, in un paradosso, dentro i suoi occhi ho visto storie che conoscevo da sempre. Come se fino ad allora mi stava sfuggendo un minuscolo granello, che è quello che poi mi ha fatto capire che le storie non si possono sempre possedere, ma a volte bisogna sedersi e guardare. Dove ancora non lo so. E poi tacere. Come se nessuna di quelle storie potesse essere, davvero, raccontata.

venerdì 26 novembre 2010

Ora dei cappelli con i pon pon

"Perchè tu possa chiamare qualcuno che non senti da una vita e mezzo, solo perchè ti va, perchè stasera hai voglia di dirgli che hai preso un bel voto in chimica e sei felice, perchè ti va di parlare, perchè ti va di piangere, perchè ti va di dire stronzate. Perchè non dobbiamo dimenticarci di avere la possibilità di farlo, di riprendere amicizie lasciate un metro e mezzo fa, perchè dobbiamo scegliere di avere tempo e voglia per combattere. Contro la vita? Contro noi stessi?

venerdì 19 novembre 2010

Ora delle persone splendide

Questo post è un sacco di cose, è la risposta ad un regalo bellissimo, che è questo , è un dono per una casa nuova, che sarebbe sempre questa, e poi è l'occasione per ricordare, a chiunque passi di qui, che le cose belle della vita esistono davvero.

Avevo intenzione di lasciarti un commento... ma poi ho pensato che no, un commento non sarebbe andato bene... e sono sicura che neanche un post intero, o magari un libro, o un'enciclopedia, adesso, basterà.
E' qualche mese che, da quando ho ricevuto la tua lettera, avrei voluto risponderti. E ci ho provato, non sai quante volte, ma nulla, semplicemente, ho sempre avuto paura di non trovare le parole giuste. Sembra buffo, perchè di parole in testa che vogliono uscire ne ho pure troppe, eppure, nulla, nulla di adatto.
Semplicemente, vorrei dirti che io sono felice. Sono felice di noi, sono felice di tutto ciò che stiamo costruendo, sono felice perchè sono stanca di girarmi e trovare ipocrisia ed egoismo, ma ci siamo noi. Ci siamo noi. C'è la tua amicizia, a salvarmi dal resto. Ci sono le tue splendide parole, precise, esatte, a farmi sentire importante e necessaria. Continua pure a contare su di me, sarò sempre pronta e felice ad aprirti le braccia ed il cuore, e a starti accanto quando sei felice, e quando sei giù e nulla al mondo potrà tirarti su, almeno sappi di non essere sola. Sappi anche, però, che dovrai continuare anche a subirmi, con tutti i miei difetti e le mie paranoie, sappi che dovrai continuare a tenere fra le mani un bel pezzetto del mio cuore, è tuo, e sappi che dovrai continuare ad abbracciarmi sempre e comunque, come già fai ogni giorno. Io ci sono, ci sono per crescere insieme e farlo nel migliore dei modi.
I migliori auguri per la tua casa nuova, sono davvero contenta e da buona amica che si rispetti non posso che farti un dono, anche se magari è inutile e non bellissimo, anche se è solo un soprammobile da spolverare. E quindi ti regalo questo post, ecco, perchè non so fare di meglio.
Ah dimenticavo, tra tutte, ne ho trovata una, di parola.
Che sarebbe Grazie.
Per un'infinità di cose.
La prima, grazie di esistere.
Ti voglio bene Momòs.

giovedì 18 novembre 2010

Ora degli pugni ben assestati

Una delle cose che ama, è quando la sera gira le chiavi nella porta di casa, e piano si immerge nel silenzio. Casa, che dolce suono di silenzio. Fa bene attenzione a lasciare i problemi, la rabbia, la frustrazione e lo stress fuori dalla porta, e poi entra nella sua casa addormentata, dove ha lasciato, quella mattina, la pace e la felicità. Si toglie la sciarpa dal collo, ed il giubbotto, e poi si mette a slacciare le scarpe, prima una, poi l'altra, e libera i piedi. Scivola, nel sacro silenzio, fino alla camera da letto spegnendo le luci dietro di se, ed entra nel pigiama, toglie l'elastico dai capelli, che liberi le scendono sulle spalle, poggia gli occhiali, sul comodino, e si toglie le calze, prima una, poi l'altra, e scivola sotto le coperte, fredde. E poi il momento sublime quando al buio, con un pensiero dolce per la testa, si addormenta.

giovedì 11 novembre 2010

Ora delle parole grosse

E' passato tanto tempo
dalla vera consistenza delle tue parole
dal gusto dolciastro della tua presenza
dal tanfo di amore malato che lasciavi
nella mia bocca
ogni volta che poi, sparivi.
Ci incontreremo, alla fine, un giorno.
Ci incontreremo e mi riconoscerai
ci incontreremo e ti riconoscerò.
Vivo è il bruciore del disinfettante sulle ferite
che adesso, guariranno,
lo faranno una volta per sempre.
E' passato tanto tempo
siamo passati noi.
Il tuo ricordo non è più motivo di sofferenza
ma un modo per dire a me stessa che,
ora che sto bene con il presente,
forse è giunto il tempo di fare i conti con il passato.

Ci incontreremo, alla fine, un giorno.
Ci incontreremo e mi riconoscerai
ci incontreremo e ti riconoscerò.
e quando
il tempo
sarà,
sorridimi
e abbracciami.

venerdì 5 novembre 2010

Ora dei quindi e dei vaffanculi

E poi nulla, si sa, la fetta di pane imburrata atterra sul pavimento sempre dalla parte sbagliata. Che cosa ti aspettavi mica? Che i tuoi sforzi giungessero, come tu avevi ben previsto, intatti, perfetti, appagati, alla tua bocca? Non sia mai, pretendi troppo. Pretendi troppo perfino dalla fetta di pane imburrata con così tanta cura, che cade sul pavimento inevitabilmente dalla parte sbagliata.
C'è la rabbia, oh sì se c'è la rabbia.
Poi c'è la frustrazione, e non sai quanta frustrazione.
C'è anche, perchè no, un bel pizzico di odio.
Perchè ti viene da mandare all'aria tutto, perchè se cerchi di spiegarglielo, al tutto, che potrebbe anche fare lui qualcosa, ogni tanto, per qualche tua assurda fissazione, non capirebbe mica.
Ma alla fine perchè arrabbiarsi?
Si sa, cara, si sa da sempre, anche i nonni dei tuoi nonni dei tuoi nonni lo sapevano, che la fetta di pane imburrata, atterra sul pavimento sempre dalla parte sbagliata.


martedì 2 novembre 2010

Ora dei campanelli verdi

Resta.
Nient'altro, mi serve, adesso. Resta. Queste pareti tacite acconsentiranno alla tua presenza. Resta. E lascia che il silenzio ci porti via. Resta. Permettimi di non saziarmi mai dell'odore della tua pelle. Resta. Quando non riuscirò più a distinguere il battito del tuo cuore, dal mio. Resta. Stringimi. Mandami in estasi sfiorandomi il collo. Poi dammi le tue mani. Resta. E se devi andare via, fallo insieme alla luna. So bene che non sei di mia proprietà, però ecco, stanotte, potrei farti da usufruttuaria. Resta. Soltanto questo. Soltanto un po'.

giovedì 28 ottobre 2010

Ora dei voli

[Bene, siamo giunti alla quarta donna dello sbagello, ora urge un titolo per una nuova etichetta... si accettano proposte!]

I piedi dalla pelle bruna avanzarono sul legno, e le dolci curve del corpo, e il viso -il viso- ogni cosa faceva di lei una donna bellissima avrebbero detto in molti, ma fu una la parola che uscì dalle bocche dei bianchi americani, con ribrezzo, Messicana. Le labbra carnose, rosse, il naso, gli occhi scuri e i capelli, all'indietro, come un'indiana. Si sedette sullo sgabello, puntò gli occhi verso il basso, e senza alzare mai lo sguardo...
-Oh, Susanna, non piangere per me...
cantava. Con un filo di voce, e muoveva lentamente la testa.
-Cosa mai ne sapete, voi, della polvere del deserto? Cosa mai ne sapete voi, del sangue, e del cadavere di vostra figlia tra le braccia?
tese le mani in avanti, come per mostrare qualcosa, qualcosa che non c'era.
-Ma la morte non è che salvezza. Quando porti una condanna, sulla pelle. Se varcate il confine con il regno della polvere, e non è casa vostra, tornate indietro. C'era una bambina bianca. Aveva le trecce bionde e l'innocenza tra le pieghe delle labbra...
Lente, sul viso, lacrime.
-L'avevano presa due giorni prima ed ora era lì, davanti a me, terrorizzata. C'era anche un'altra bambina. Ma questa aveva la pelle scura, e gli occhi grandi. Ricordo il suo peso nel ventre, mentre scorreva il sangue dentro di lei, sangue... che già non poteva che essere condanna. Ricordo il vecchio, il cui stesso sangue malato mi scorre nel corpo, ricordo il vecchio, pazzo, afferrare la pistola e sparare un colpo, due, verso il corpicino bianco, gridando al cielo di rabbia. Ricordo il corpicino che sussulta e cade a terra. Le mie mani che non sapevano cosa toccare, disperatamente, su quel vestito azzurro macchiato di rosso. E ricordo un altro colpo, partito per sbaglio, e ricordo un altro corpo, che sussulta prima di cadere a terra, e mi guarda, con i suoi occhi grandi, mi guarda. Urlo. La prendo in braccio.
Tra la polvere del deserto c'è una bambina. Che non ha più vita. Ma ditemi se è forse questa, la vita, quando è orrore oltre il confine e squallore nella tua terra. Cosa ne sapete, voi, della polvere del deserto?...
Alza gli occhi, i grandi occhi scuri, che ora guardano, eccome se guardano, puntati in avanti. Con rabbia. Poi d'un tratto, si ripiegano verso il basso.
-Oh, Susanna, non piangere perchè... ho lasciato l'Alabama per restare insieme a te.

domenica 24 ottobre 2010

Ora dei cappelli blu

Questo tuo leggero bacio. Lo sento, velluto, sulla guancia. Guardi le mie calze di lana viola, ben tirate fin sotto il ginocchio, e sorridi e mi abbracci. Guardo i miei piedi, finalmente comodi e caldi, e sento la morbidezza del pigiama di cotone sulla pelle, i capelli disordinati e gli occhi appena struccati. E la tua buonanotte, fratello. Uno sbadiglio. Chiudiamo per bene le persiane e con l'avanzare della tranquillità spegniamo le luci e le voci. Il Sabato ha ancora un momento di piacere da darci, l'ultimo, nell'estremità della notte, dopo la sera e i sorrisi e la gente, la tranquillità. La riscoperta di quegli attimi lenti. Il calore delle calze di lana, e tra un po' delle coperte, che ora sembrano fredde e tremo, perchè il letto è vuoto e il piumone non è ancora caldo. La testa che si spegne nel cuscino e la pace. Un ultimo sforzo, l'interruttore dell'abat-jour. Tac. E la notte che dolce mi prende e questa giornata che finisce. E stiamo bene. E poi basta.

martedì 19 ottobre 2010

Ora degli occhiali rotti

E' che a volte
la cioccolata
da sola,
non basta.

venerdì 8 ottobre 2010

ora dei quaderni arancioni e gialli

Il problema vero, è che a volte io è come se non fossi io,
perchè non essere
io
la maggior parte delle volte
è più semplice.
E' più facile dire una cosa cattiva,
che una dolce,
è più facile farsi una risata,
che scoppiare a piangere,
è più facile non essere io,
perchè essere io è seriamente difficile.
Non so se mi spiego.
A volte non essere io è
il problema vero,
ma so anche che non essere io
è spesso ciò che nasconde meno problemi.
Innanzitutto perchè io è
una piagnucolona
e non fa piacere averne una a fianco, o al telefono,
poi perchè io
se la prende per nulla
e misura le parole col contagocce,
e con io, quando ci parli,
devi stare attento, perchè io
va facilmente in un brodo di giuggiole,
e si dispera altrettanto,
ed ecco perchè,
nonostante non sia proprio carino non essere io,
e non io è acida e polemica,
è più facile non essere io che io,
e te lo giuro,
è meglio così.
Chè se fossi io,
io lo so,
tu rideresti.

lunedì 4 ottobre 2010

Ora degli uomini saggi

Con il tuo permesso, stanotte mi sistemerei al tuo fianco,
ma non troppo vicino, quanto basta per poterti guardare un po'.
Ma non troppo lontano, quanto basta perchè tu possa sentire la mia voce
mentre piano
ti sussurrerò qualcosa, una favola, una poesia (no, ecco magari una poesia no), o magari una filastrocca (ricordi?), o forse una storia... forse la mia.
Mi piacerebbe sapere che mi stai ascoltando, ma forse sei stanco e ti sei già addormentato, o forse stai già pensando a domani...
in ogni caso sta' tranquillo, non importa, non chiedo di più che un posto, stanotte, non troppo vicino e non troppo lontano da te.
Mi piacerebbe poi sentire la tua voce, ancora un po', di' pure quello che ti pare, anche se non è una favola o non è una poesia (...), o una filastrocca, anche se non è una storia, ma una parola sola, va bene anche Zucchina (ina), va bene anche Ho sonno, o Ho fame, va bene anche Ti amo. O forse no, sì insomma, meglio di no, io son di indole sdolcinata, non vorrei ci cascassi anche tu.
Se poi non ti va di dire niente, sta' pure certo che non mi stancherò di buttarti addosso le mie migliaia di parole inutili, come sempre, e tu, come sempre, dovrai sopportarmi.
Quindi, sempre con il tuo cortese permesso, stanotte mi sistemerei al tuo fianco, non troppo vicino e non troppo lontano, in modo da poterti guardare e in modo che tu possa sentirmi (ma se non vuoi non fa niente, non vorrei morissi di diabete) mentre sussurrando...

venerdì 1 ottobre 2010

Ora delle nuvole viola

Nel sussurrato mondo
delle cose vere
non importa
se stasera hai voglia di raccontare
o semplicemente di tacere
ci sarà comunque qualcuno che vorrà nutrirsi
della tua essenza,
qualunque essa sia.
Nel sussurrato mondo
delle cose vere
non c'è spazio per mettersi comodi
spettatori della propria vita
senza alcuna ambizione a viverla
non c'è spazio per le parole inutili
e quelle storpie
e quelle maleodoranti e velenose
ma ogni cosa è poesia.
Nel sussurrato mondo
delle cose vere
le persone non si compiangono,
si accompagnano.
Nel sussurrato mondo
delle cose vere
le emozioni sono nude
ma non illudetevi,
non lo vedrete mai,
il mondo delle cose vere.
cercatelo, cercatelo con tutta l'energia potenziale
di cui disponete,
andate dietro alle cose vere.
Io ho cominciato a farlo,
da capo,
come si fa da bambini,
con la sola differenza che questa volta non ci sei già dentro,
sei stato tagliato fuori,
e piangi,
come si fa da bambini,
con la sola differenza,
che questa volta
non c'è nessuno a prenderti in braccio.

mercoledì 29 settembre 2010

Ora dei ventagli di carta

Adoro guardarti come se non ci fossi. Dico, come se io non ci fossi, come se non fossi lì. Adoro guardarti mentre i tuoi occhi sono lontani da me, così piano, lasciando per un attimo da parte il resto, posso guardarti senza aver paura che tu legga, nei miei occhi, i miei pensieri. Adoro guardarti e provare l'ebrezza della tua mancanza, quando sei abbastanza vicino per vedermi ma troppo lontano anche solo per sfiorarmi.

domenica 26 settembre 2010

Ora dei collant smagliati

A me, le feste gne gne dove tutti si vestono gne gne e le ragazze dicono alle amiche Hai visto quella come si è vestita gne gne e tu sei lì e gli altri ti guardano e tu devi stare lì e così va avanti tutta la serata, non piacciono. Niente da fare, ho provato a farmele piacere, ma le feste così proprio non mi piacciono. Sono un po' come i funerali, dove tutti vanno e si salutano ed è tutto così maledettamente triste e inutile. E' una farsa. Le feste poi, se non ti piace ballare quelle cose lì che ballano tutti, sono davvero fastidiose. Fastidiose come quelle zie che ti guardano mentre ti stai vestendo e ti dicono Bella mia non puoi andare in giro così e la volta dopo ti vogliono propinare i loro vestiti di quando erano giovani e andavano in discoteca e non c'è niente di male ad andare in discoteca, solo che, ecco, zia, non mi piace... e loro che poi tirano fuori quel vestito trasparente di quando sono uscite la prima volta con lo zio, e a te viene da ridere perchè in quel momento stai pensando alla prima volta che sei uscita con il tuo attuale ragazzo e da sotto al cappotto avevi la maglietta del pigiama tanto non dovevate andare da nessuna parte. Certo, poi ripensi alla prima volta che sei uscita con un ragazzo e ti ricordi le urla dei tuoi piedi in quelle maledette scarpe bellissime.
Sarà che sono stata progettata veramente male, ma a me le feste così proprio non piacciono.
Ecco.

venerdì 17 settembre 2010

Ora dei bigliettini blu

"Smettila di urlare. Picchiami piuttosto, picchiami a sangue..." urlava dentro di se Sam, 10 anni, mentre stava lì incapace di muoversi davanti al triste, solito, spettacolo.
"Smettila di urlare. Picchiami piuttosto, picchiami con tutta la forza che hai in corpo, ma ti prego smettila di urlare, le tue urla mi uccidono sempre di più. Hai ragione tu, se avessi la forza per muovermi, o soltanto per parlare, ti direi che hai ragione, hai ragione, è colpa mia, hai ragione, sono una bestia, hai ragione, faccio così schifo. Ma ti prego smettila di urlare, non ce la faccio, non più. Vorrei abituarmi, davvero, vorrei con tutto me stesso abituarmi a questo, ma ogni volta è peggio, è peggio da sempre, e so che è inutile. Resto così, paralizzato fuori e dentro, con la testa che vorrebbe scappare e rimane intrappolata in questo corpo, piena delle tue urla strazianti. Non riesco neanche più a piangere. Smettila ti prego smettila di urlare, picchiami ti prego picchiami finchè hai la forza, ma smettila di urlare. Ho la nausea, lo stomaco mi si contorce e vorrei riuscire a vomitare fuori tutta la rabbia e la frustrazione che ho dentro, ma non riesco, ogni più piccolo movimento mi è impossibile. Vorrei piangere, vorrei piangere, ma neanche quello mi è permesso. E ora che fai? No, ti prego non cominciare a piangere.No, mamma, no, così mi uccidi. Non so cosa faccia più male, no non mi abbracciare, io ti odio, no non piangere no smettila smettila smettila. Convinciti pure di tutto quello che vuoi, la cosa peggiore è che domani sarà di nuovo uguale, e poi ancora e ancora, e ancora."

lunedì 13 settembre 2010

Ora dei Quelli del gas

Non potevo mica non scrivere un post sull'estate che ci lascia e l'inverno che, a quanto pare, non si è fatto attendere. E quindi eccomi qui pronta a lamentarmi di quanto sia fastidioso monotono e deprimente il brutto tempo e compagnia bella. Anche se.
D'inverno c'è il tepore del piumone.
Ci sono i miei calzettoni di lana viola.
C'è il fumo che esce dalla bocca quando si parla.
Ci sono le sciarpone.
Ci sono gli abbracci che riscaldano molto più del cappotto. (Anche quelli del mulino bianco vanno bene)
Ci sono i peli che crescono "tanto nessuno li vede".
Ci sono le coperte da mettere sulle gambe quando si poltrisce davanti alla tv.
C'è il poltrire per casa disperandosi per lo studio.
Ci sono le tazze di caffè bollente.
...
e poi, d'inverno,
c'è che si aspetta la primavera. (Ed è una cosa bellissima, dico, aspettarla)

venerdì 3 settembre 2010

Ora delle gocce che scalfiscono

Una panchina. Sembrava dimenticata, così, piantata lì al margine del burrone. Una posizione decisamente assurda, che diavolo ci fa -una panchina- lì? Si vede il margine e nulla più, di quella panchina dietro l'ultima palazzina, il resto è saggiamente nascosto dalla quercia affianco.
Un passo, solo un passo, prima di raggiungere il mistero e svelarlo, lentamente, soltanto quando si alzano gli occhi.
Ecco. Srotolato lì, quel bellissimo pezzetto di California. Meno male che il buon senso non si è estinto del tutto e l'hanno piantata lì, in quella posizione assolutamente perfetta, la panchina!
Due colline, e nel mezzo una strada non asfaltata, dipinta così per non disturbare il paesaggio, le palme, il cielo, e due uomini, lungo la strada, piccoli come formiche, che tagliano quel disegno perfetto. E poi, al tramonto, il sole non poteva che partecipare, stando lì nel mezzo, tra le due colline, e poi scomparire appoggiandosi alla valle. Se qualcuno dice la parola America, è questo che penso. E' questa l'America vera. Sono queste palme, questo cielo e queste colline che hanno un sapore diverso. Perchè questo posto è tutta un'altra cosa. Ha un andamento a parte, e colori luci suoni misure tutti suoi. L'America è grande. Grande. Nient'altro. E' solo grande. E piena di storie. Alcune le racconta la terra, o la polvere del deserto, o i grattaceli e le luci sfavillanti, e per ogni storia di queste, ci vorrebbe una panchina, dimenticata per caso sull'orlo, e qualcuno che alza gli occhi e le vede, le storie, l'America. Perchè l'America non è che grande. Soltanto spaventosamente grande.

[Ebbene, anche se in maniera del tutto confusa, qui si è cominciato a raccontare...]

martedì 10 agosto 2010

Ora delle fragole

Il vento e' un'invenzione malvagia. Perche' porta i ricordi e ti sconvolge di emozioni. Le tue, quelle venute da chissa' dove. Magari dall'altra parte dell'Oceano, magari no.
Se c'e' qualcosa che mi manca, quel qualcosa e' la tua voce. E poi il tuo odore e poi le tue mani -lo ripeterei fino a morire- le tue mani. Gli occhi hanno un trattamento a parte, perche' e' come se ci fossero, in un certo qual modo, riesco a vederli.
Se c'e' qualcosa che mi manca, e' l'effetto che hai su di me. E' una dipendenza dolcissima, questa. Potete chiedere a tutti gli uomini del mondo, non c'e' dipendenza piu' forte e dolce di questa.
Riconoscere di sentirsi troppo fragili, riconoscere di avere bisogno di un'altra persona. E il desiderio.
Il vento e' un'invenzione malvagia. Ti lascia brividi e malinconia.
Ma non dobbiamo dimenticarci di quell'altra parola, quella che ho dimenticato nel post precedente: Tornare.
Tornare...

lunedì 26 luglio 2010

Ora dei J.F.

Due parole veloci.
Una è partire.
Partire, rifare la valigia, controllare una due venti volte di non aver dimenticato per lo meno il necessario, dirsi alla fine che è inutile: qualcosa l'avrò dimenticata. Ma non dispero, quello che importa è avere tanta voglia di partire. E quella c'è, eccome se c'è. (Attenzione, terrei a far notare che questa volta non è come al solito Voglia di scappare, bensì Voglia di partire, che è una cosa assolutamente diversa). Per il resto, per adesso ci piazzerei un Chissà, poi al ritorno mi metto con la santa pazienza e racconto (e non vi aspettate che lo faccia in maniera normale Sono stata a Ho visto Mi sono divertita, racconterò, promesso, a modo mio ma racconterò).

[Lascio questo post a metà, mancanza di tempo...uf.]
[A presto]

lunedì 12 luglio 2010

Ora degli sghepsi

Ma questo è -no, non può essere...- un computer?! Oh, da quanto tempo che non vedevo uno schermo, un qualcosa che mi riportasse alla vita, per così dire, moderna!
Credevo di star tornando allo stato brado, al principio (no, niente clava e foglie di fico, grazie...), una vita tra sole aria cielo e terra, quella che si sgretola tra le dita e ti lascia i vestiti sporchi. Passo le mie giornate tra l'erba (l'erba verde del prato, che pensate!?!), a contemplare il cielo e gli insetti, e tutto questo, inaspettatamente, non è poi così male. Non è poi così male riprendere la bicicletta dopo tanto tempo, e riscoprirsi bambina tra le strade di campagna, con le braccia spalancate e il vento tra i capelli spettinati. Tutto questo ha un po' la sua magia. Per non parlare del tramonto, ogni sera, bellissimo, dietro il castagno. E le stelle -tante- viste al buio. Il vento d'estate sulla pelle, la massaia che ti vede e ti sorride Eri alta un metro e uno sputo quando ti ho conosciuta, e adesso?
Non saprei, signora Grazia, davvero, non saprei.
Questi giorni d'estate volano come facevano tempo fa, ed è strano sentire il tempo che è passato, quello che era qui un attimo fa, ritornare vicino all'ulivo, quello più grande e sfiorare con le dita le incisioni fatte da bambini. Un tempo ci salivo, su quell'albero. Guardarsi allo specchio e trovare non più la bambina con le trecce che nello stesso posto, solo in un tempo diverso, guardava lo stesso tramonto, alla stessa ora, con gli stessi occhi gialli pieni di stupore.

mercoledì 30 giugno 2010

[Comunicazionediservizio]

Perdonatemi l'assenza, ma come scrivevo qualche giorno fa nei commenti del post sotto, mi sono trasferita in uno di quei posti senza wi-fi. Ovviamente, non per sempre e, sempre ovviamente, tornerò (credevate di esservi liberati di me...). Auguro a tutti buone vacanze, le mie sono cominciate alla grande e poi quando capita vi racconto qualcosina. A presto.
Dira.

martedì 8 giugno 2010

Ora dei sorbetti al limone

Prigione, 8 Giugno Duemiladieci.

Mia cara vecchia affascinante Signora,
ci incontriamo di nuovo.
Noto che lei non è cambiata affatto (d'altronde, come può?), è sempre in gran forma, splendida nera dama.
Suo malgrado non posso non farle notare che a mutare, tra le due, sono stata io, non per niente è un bel po' che non ci incontriamo (non ha avuto l'occasione e in un certo qual modo il "permesso" di raggiungermi); ma ora che ho davanti agli occhi le sue bellissime labbra velenose, devo dirle, o più solennemente annunciarle, di non gradire la sua presenza e farò di tutto per tenerla lontana dalla mia persona il più possibile.
Per quanto ancora debole, fragile, insuslo ammasso di materia, sono cresciuta.
Ed è con il sorriso sulle labbra, che le comunico che questa volta, mia dolce Solitudine, questa volta ti farò un culo così.

Ecco, la fine originale era L'avrò vinta io, però poi ho pensato che non rendeva bene l'idea.

sabato 5 giugno 2010

Ora dei passaggi persi

Leggo con moltissimo piacere la meravigliosa aurora di Daniela, racchiusa in una poesia che vale la pena di essere letta...
Aurora

lunedì 31 maggio 2010

Ora dei fuori traccia

Adesso dimmi, come fanno gli uomini a dimenticare di guardare il cielo?
Si potrebbe usare la parola bellissimo, si potrebbe usare la parola meraviglioso, si potrebbe usare la parola sublime. Bello da stare male. Il cielo non si dimentica mica di mostrarsi bellissimo ogni giorno.
Cielo, tranquillo, ci siamo noi due a guardarti e a stupirci ogni volta. Perchè quando si smette di guardare le cose bellissime, allora si sta cominciando a morire. E morire non è per noi, non adesso.
Alba (Sole)
Una pacca sulla spalla, apro gli occhi E' l'alba, mi dicono, E' l'alba, scopro. E' l'alba. Sul mare. O forse in mezzo. In mezzo al mare. O forse dentro. Dentro me. Vorrei riempirmi gli occhi per poi portartene un po', voglio che tu la veda, devi vedere com'è meraviglioso, devi. Il sole è tirchio e la terra sembra ancora sotto il velo del sonno, la nebbia intimidita dal sole comincia a svanire. Le luci delle case sono granelli, guarda come sono piccole, inutili, uno scherzo dell'uomo che non contento ha voluto perfino sfidare lui, il sole, che tranquillo si alza e le rende ridicole, fragili e stupide. Guarda il mare. E' uno specchio. E nel mare il cielo. E nel cielo il mare. E dentro il tutto che si mescola, ed il mare diventa cielo scuro che sta schiarendo piano ed il cielo diventa mare che da nero ridiventa azzurro. E il sole. Buongiorno a te, sole, che svegliandoti baci la terra. Buongiorno a te cielo, che stamattina, come sempre, ci regali un attimo di perfezione. E buongiorno anche a te, ovunque tu sia, ti porterò quest'alba, devi vederla, devi.
Alba (Luna)
Per sbaglio alzo gli occhi dall'orizzonte. La vedo. Rossa. Tonda. Strana. Il cielo indaco e lei rossa, perchè le va di essere rossa e lo è, non deve mica per forza essere gialla, lei. Cercarla e trovarla nel cielo ogni sera è una piacevolissima abitudine, mi tranquillizza sapere che c'è. E' un amore a senso unico quello degli uomini e della luna. La presenza dell'una è fondamentale per gli altri, ma lei non saprà mai della nostra esistenza. Eppure, e tu lo sai, è come se fosse sopra le nostre teste proprio per controllare che tutto proceda per il meglio, è come noi, la luna, è tra noi. Solo che non ci vede. E stasera è rossa. Bellissima anche vestita così. La sua è un'alba silenziosa, ma altrettanto spettacolare. Non intimidisce, lei si appoggia sul cielo e lascia che lui si dipinga con tutti i colori che gli garbano, lei sta per i fatti suoi, lì nel mezzo, e quando le va ne prende uno, massimo due, di quei colori, e li sfoggia leggieri. Devo portartene un pezzetto, devi vederla, amore, devi vederla.
Notte
Sembra spento. Sembra assente. Invece è più pieno di quanto si possa immaginare. Un'immensa distesa di nero decorata con puntini luminosi dei più vari. E lei che è sorta pian piano diventa regina. Bellissima padrona. Ben poco rischiara intorno a lei: qualche nuvola di passaggio, le forme della spiaggia, la pelle bianca, i sorrisi. Rapisce gli occhi, li prende e non li lascia più, e tu rimarresti per sempre lì a cercarla - trovarla - guardarla - gustarla - rilasciarla per poi riprenderla - interrogarla e ancora guardarla e così via fino alla fine della notte. Ovunque siano, so che i tuoi occhi la staranno cercando, o almeno mi piace immaginare che sia così. Sapere che i nostri occhi lontani si posano esattamente sullo stesso angolo di luna.
Inutile pensare che mi manchi. Inutile sussurrarlo alla luna, bellissima luna, che forse lo ha già capito. Le emozioni sono già tante e l'unico modo per smaltirle, oltre che piangere, è scrivere. Ma adesso non posso, qui, in mezzo alla gente, guardo il cielo e cerco di bloccare tutto dentro, tutta la bellezza del cielo, rinchiusa. Non avevo calcolato la tua assenza. Come mi manchi. Oh come mi manchi. Non importa cosa stai pensando, non importa se mi pensi o meno, davvero, non importa. So che mi manchi e questo è quanto. Ma per adesso guardo il cielo e cerco di fare il possibile per portarlo con me. Devi vedere tutto questo, devi.

Sì, manca il tramonto. Manca perchè non l'ho visto, non perchè non l'abbia voluto portare con me. Manca il tramonto perchè il cielo ha pensato le cose per bene, e mica potevo portare tutto io, così ha distribuito le meraviglie un po' per uno, e l'unica cosa da fare qui è aspettare. Aspettare il tramonto, che non sembra più così tanto lontano.

lunedì 24 maggio 2010

Ora delle lenti a contatto irraggiungibili

Il cielo si esibiva alla loro sinistra, il sole bruciava piano per poi lasciare spazio alla luna, e loro lì. Veloci, silenziosi, l'uno di fianco all'altra, ognuno con i più svariati pensieri per la testa. La strada d'avanti, la strada dietro, in quel tragitto preciso, puntuale, settimana dopo settimana, con il sole che bruciava alla loro sinistra. Potevano rimanere lì per ore, a parlare in silenzio. Silenzio che ogni tanto si interrompeva, per poi ritornare più intenso di prima. Quello fu uno di quei momenti.
-Ma tu, sei felice?
-Io non credo nella felicità, o meglio, credo che sia il fine totale e per questo irraggiungibile, sopratutto perchè...
-Sst. Basta.
-...
-...
Silenzio.

-Sì, sono felice.
-...
-E tu? Tu sei felice?
-Ti sei risposta da sola.

lunedì 17 maggio 2010

Ora dei pavimenti scricchiolanti

Guardo il mondo veloce fuori. Ritorno. Tutti ce lo ritroviamo per le mani, prima o poi, un ritorno. Quello a casa è solitamente un po' amaro. Fuori il cielo denso di nuvole e sotto alberi cespugli case e sotto il guard rail e sotto l'asfalto. Il ritorno nella mia boccia di quotidianità mi è sempre stato un po' scomodo. Un pesce a cui dai un assaggio di oceano non si accontenta mica di due sassi e il solito mangime... e se mi fai assaggiare il mondo fuori dalla boccia che chiamano casa (non nel senso delle quattro mura, nel senso delle solite cose), non puoi mica pretendere che ci ritorni volentieri, là dentro. Ma stavolta è diverso, lo ammetto.
"Non sarai mai sola se hai ancora te stessa"
Sì nonna, come sempre, hai ragione, però sai che c'è, c'è che non mi sento intera. C'è che, un po' per sbaglio un po' per scelta, ho lasciato un pezzo a casa. E ora che assisto alla sfilata del mondo fuori mi culla una nuova tenera sensazione. Mi sento aspettata.
Tutti dovrebbero sentirsi aspettati. Tutti dovrebbero sapere che da qualche parte c'è qualcuno ad aspettarli. Dico, ad aspettare sul serio. E' una cosa bellissima.
Guardo il mondo piovere fuori. Guardo il mondo sorridermi un po' dentro. Tra poco sarò a Casa (no, non nel senso delle quattro mura, nel senso delle sue braccia), e la boccia è decisamente più piacevole.

giovedì 13 maggio 2010

Ora dei mantelli neri

Certe notizie sono come frecce. Scagliate dal destino e arrivate sulla nostra pelle. Alcune hanno la punta affilata. Troppo.
Morire a quattordici anni è una di quelle che non solo ti toccano, ti trapassano da capo a capo, alla fine non siamo più profondi di una quindicina di centimetri, cosa ci vuole, a trapassarci?
Morire a quattordici anni non ti riempie d'amaro la bocca, ti riempie d'amaro l'anima.
No, non è possibile, ti sbagli, non è successo, no non è vero, non è vero. NON è VERO. Dimmelo, dimmelo che non è vero.
Parole che finiscono. Strozzate in gola.
Corpi che si fermano, immobili. Pietrificati.
Non è possibile.
Sì lo è.
Lo è stato.
Io non la conoscevo bene. E' capitato di farci due chiacchiere e di scherzare un po' insieme su questo e quello, niente di più. No, la mia non è pietà, compassione.
E' ribrezzo.
Perchè avevo ricominciato a credere nel buono della vita.
E questa mi ha dimostrato di saper essere una merda più di quanto credessi.
Potevo esserci io, su quel letto, a morire. Nessun fattore esterno. Poi sotto i ferri. Poi due giorni di coma. Poi il cellulare che squilla, silenzio.
Eleonora.
Che rimane un po' a vagare nell'aria, come una freccia, una parola sola. Poi il nulla.

mercoledì 12 maggio 2010

Ora delle bande di Q

"Le sue mani..." esordiva così lei, J.
-Le sue mani...bellissime. Erano mani felici, le lunghe dita affusolate e le unghie perfette, dal taglio lineare. Pallide, morbide, lisce. Sembravano fatte di pane, quelle mani. Amavo le sue mani. Amavo sentirmele addosso. Amavo le dita che scivolavano e amavo la loro stretta, il loro cercare ed esplorare piano centimetri di pelle nascosta. Erano mani perfette. Anche i graffi, i calli, su quelle mani erano angoli di perfezione bianca. Amavo le sue mani. Amavo sentirmele addosso. Erano mani bellissime, erano mani felici..."

giovedì 6 maggio 2010

Ora dei PGM

Si avvicinò al suo petto e scostandosi con la mano i capelli poggiò l'orecchio e cercò il suo cuore. Lo sentì.
-Se vuoi chiedermi...
-Sst. Zitto. Non è delle tue parole che ho bisogno. Non voglio sapere nulla.
-Se c'è qualcosa che vuoi chiedermi, fallo.
Non disse niente. Chiuse gli occhi, lasciò che i capelli castani le nascondessero il volto per poi piangere, silenziosamente, piangere. Non sapeva dove fosse stato, non sapeva da dove venisse quell'odore diverso tra i suoi vestiti, non le importava neanche, saperlo. Però piangeva, silenziosamente e nel più dolce dei modi, piangeva e non staccava l'orecchio dal battito regolare del cuore di lui.
-Non piangere...
Punto i suoi occhi bagnati su di lui e gli mise un dito sulle labbra.
-Ho detto, non parlare.
Si avvicinò alle sue labbra e lo baciò. E in quel bacio c'erano così tante cose, che a vederlo, non si sarebbero potute distinguere l'una dall'altra. C'era rabbia, c'era voglia, malinconia, frustrazione, disperazione, dolcezza, si sarebbe potuto distinguere perfino un po' d'amore. Lo baciava e piangeva, e più le lacrime scivolavano dai suoi occhi scuri, lungo la pelle bianca del viso perfetto, più lo baciava, e più quel bacio si riempiva di tutto. Per poi ritornare con l'orecchio ad ascoltare quel cuore, che sembrava battere più veloce, o forse era il suo, di cuore, a batterle così forte nella testa. E piangeva, silenziosamente, piangeva.

mercoledì 5 maggio 2010

Ora dei film western

Ti voglio. Tralasciamo sulla quantità.
Tralasciamo sul come
sul dove
sul quando.
Mentre il perchè mi sembra fin troppo chiaro.
Ti voglio. E basta.

mercoledì 28 aprile 2010

Ora delle filastrocche malriuscite

La vecchia signora si adagiò sulla poltrona, non curante che la vestaglia di seta le scopriva la coscia destra. Accavallò le gambe e bevve un altro sorso di whisky dal bicchiere di cristallo. Il bicchiere si macchiò del suo rossetto, lo poggiò sul tavolino e si risistemò la vestaglia, poi si abbandonò sulla poltrona, chiudendo gli occhi al sentire Debussy. Il Claire de Lune. Sublime. Una delle cose migliori che mai siano state create sugli ottantotto tasti. Un brivido di puro piacere. E l'anima che scivola via e la testa sotto la pesante mano del sonno.

giovedì 22 aprile 2010

Ora dei pezzi mancanti

Cielo.
Solo cielo. Sopra le nostre teste.
Aria.
Solo aria. Ci separa. Terre e oceani di aria. Nient'altro che aria, nient'altro.
Pensieri che allontaniamo, verità che nascondiamo tra gli angoli di spazi in cui... ci sono solo aria e nuvole. Occhi che teniamo altrove, paura e fragilità che travestiamo da ricordi, e brividi che non si sciolgono al sole. Noi non possiamo essere cura, solo malattia. Non c'è salvezza dentro le nostre braccia, solo una distesa di speranze e paure, terrori e malinconie. Non abbiamo alcun potere, non siamo nessuno, non possiamo offrire nulla. Abbracciami ma sappi che non puoi trovare niente di buono nei miei occhi, appoggiati pure, parlami di te, ma sappi che sono inutile, totalmente inutile. Perchè noi altri siamo fatti così. Senza il potere di dire Sono la tua Cura, Sono qui per Salvarti. Noi non serviamo a niente, non abbiamo nulla da offrire se non un'anima sanguinante che sta cercando di guarire.

mercoledì 21 aprile 2010

Ora delle cure

Il bambino guardò incerto la ragazza e le sue mani poggiate sui tasti bianchi e neri. La spinse con la manina, cercando di toglierla dallo sgabello, sul quale si arrampicò poco dopo. Trovato l'assetto, lanciò le manine sui tasti, con gli occhi che sbrilluccicavano dalla voglia, occhi che rimasero turbati quando si accorse di non aver ottenuto il risultato sperato.
-Perchè non parla?!
Lei sorrise.
-Non "parla" perchè non sa che dire. Devi dirglielo tu.
-Parla! Paaaarla!
-Non ti capisce, non parla la nostra lingua. Ci vuole tempo per impararla, e una volta imparata bisogna saper trovare le parole giuste, e non è facile.
-Dimmi come si dice "parla"!
-...non parla mica da solo, sta sempre qui fermo e non ha niente da raccontare, però sa bene quello che non dici tu. Non è facile da spiegare...
-Cioè che lui dice quello che io non dico nella nostra lingua?
-Più o meno è così.
-Ah.
Il bambino rimase con lo sguardo indagatore sulla distesa di tasti, poi lentamente allungò l'indice e incerto spinse una delle tante stanghette. Il suono era limpido e semplice. Scese dallo sgabello e fece segno alla ragazza di sedersi.
-Parlaci tu, e digli che non sono antipatico.

venerdì 16 aprile 2010

Ora dei delfini rossi a pois

E' che nella vita non credo ci sia mai qualcuno veramente disposto ad averti tra le braccia, se non per un puro atto di egoismo.

martedì 13 aprile 2010

Ora dei cruciverba

Cose che tu ti domandi e dici perchè,
ma poi passa.
Cose che non sai ti agiti ti preoccupi ti senti perso,
ma poi passa.
Cose che ti senti correrre addosso e non lasciarti mai,
ma poi passa.
A volte fa troppo freddo e rabbrividisco,
ma poi passa.
A volte mi sento sola persa vuota tremendamente vuota e vulnerabile,
ma poi passa.
A volte le urla mi si stringono intorno al cuore e non lo lasciano,
ma poi passa.
E' che oggi mi sento così. Triste malinconia arrabbiata nervosa stanca sola persa vuota fredda abbandonata asociale. Avrei tanto bisogno di un'altra tazza di caffè, o forse di sentire una voce amica, o forse solo di un abbraccio. Sì, uno di quelli rassicuranti. E' che oggi ho bisogno di tante, troppe cose.
Ma poi passa.

lunedì 12 aprile 2010

Ora dei rotoli alla nutella 2

-Oh, guarda guarda cosa ho trovato in mezzo al disordine.
-Cosa? Che c'è?
-E' un ricordo. Uno di quelli che c'è anche nella mia, di testa.
-Mettilo via e vattene.
-Mannò dai poveretto, guardalo...cos'è, ti fa male? Oh, poverina. Ma conosco tanti di quei modi per farti stare male, che non hai idea. Conosco bene i tuoi punti deboli.
-Li conosci, vero. Perchè te li ho lasciati conoscere. Sai anche molto bene che uno dei miei peggiori difetti è quello di non dare fiducia facilmente, quindi hai più o meno idea di quanto io ti abbia voluto bene. Ho messo i miei punti deboli nelle tue mani, ma, sai, come usarli alla fine non è un problema mio. O sbaglio?

[Fine parte seconda]

domenica 11 aprile 2010

Ora degli acrostici

[Così poi non mi dicono che scrivo cose pesanti\pucci pucci\emo]

Io sono una che giocherella con le cose. Così è, basta. Stamattina giocherellavo come al solito, e mi sono trovata con le forbici per le mani. E lo so che non si giocherella con le forbici, ma che volete farci, sono fatta male io. Ora, a causa di una forza oscura (la tanto invocata Moira) le forbici mi sfuggono di mano e zac! sul mio sventurato pollice.
Il sangue arriva per primo, e si fa spazio per disegnare la linea orizzontale della ferita, è di un rosso vivace, un rosso rosso, un rosso comunista, ecco. Il sangue rosso comunista comincia a fuoriuscire e a scivolare, silenziosamente e lentamente, dando un po' di colore alla mia pelle bianca, si insinua tra le pieghe, che gli mostrano la strada. Non è un fiume, è più una goccia di pioggia, sottile, breve. Osservo con piacere che le piastrine si stanno dando da fare e le lascio lavorare in pace. Mi stanno simpatiche le piastrine, loro arrivano e coagulano, arrivano e si mettono tutte insieme vicine vicine e bloccano il sangue rosso comunista che deve sempre stare dappertutto. E poi piano piano pianissimo, tutto ritorna come prima. Le piastrine arrivano e mettono ordine. Le piastrine arrivano e la discesa del sangue si esaurisce. Mi piacciono le piastrine, ecco.

mercoledì 7 aprile 2010

Ora dei rotoli alla nutella

-E tu che ci fai qui?
-Io non so neanche dove sono... che casino qui...dove sono?
-Dove sia, si dice Dove sia. Sei nella mia testa.
-Non sei cambiata affatto. Mmm, dovresti mettere un po' d'ordine, sai?
-Qui comando io e non accetto consigli da te. Quindi vedi di uscire da lì al più presto.
-Se no che fai, come mi butti fuori?
-A calci nel sedere.
-Non ne hai il coraggio, tantomeno la forza. So bene come farti crollare ai miei piedi, piccola.
-Tu credi?
-Oh sì, sei completamente sotto il mio controllo, non ti libererai mai di me. Posso renderti la vita impossibile. (sussurrando) Conosco fin troppo bene i tuoi punti deboli, posso colpirti e farti crollare da un momento all'altro.
-Non che non puoi.
-Oh sì che posso. (Ghigno)
[Fine parte prima]

domenica 4 aprile 2010

Ora dei tulipani lilla

Ti vedo allontanarti sempre più, e piano piano ti confondi con il resto, ti sbiadisci e ti mescoli con quello che non si può toccare, con il lontano. I miei occhi piano piano allentano la loro presa stretta tra le pieghe del tuo corpo e scivolano, si arrampicano e ti scivolano di nuovo addosso. E le mie mani, le mie mani!, non sai come sono vuote, le mie mani...
Disseta la mia anima
del tuo profumo,
sazia le mie labbra
della tua pelle,
soddisfa le mie mani irrequiete
delle tue parole.
Sii il cielo su cui possa poggiare gli occhi
ogni volta che cerco consolazione dalla vita.
Sii la terra al mio orizzonte
e asciuga le ferite che l'oceano di malinconia
mi ha scavato dentro.
Riempimi di te
e sarò la tua verità
riempimi di te
e sarò il tuo mistero
riempimi di te
ed il mio nulla diventerà oro nelle tue mani

sabato 3 aprile 2010

Ora dei troll portafortuna

Era una giornata di sole, e come tutte le giornate di sole lì, la gente affollava il lungo mare, con i loro bambini ed i loro gelati. Lei era seduta ad un tavolino all'ombra con la sua sigaretta e guardava i granelli di sabbia sul pavimento. Vide un paio di scarpe da uomo familiari, e senza alzare lo sguardo dai granelli di sabbia
-Signor Manley, che piacere vederla qui.
disse con un tono sarcastico. Il paio di scarpe da uomo si fermò.
-Ciao Lara, come stai?
-Come sto? Mi chiedi come sto?Come sempre, come sempre. Ho saputo del matrimonio, bravo Manley, bravo, abbiamo messo la testa apposto. E lei com'è... anzi no fammi indovinare, è la più bella donna di sempre.
-Lei è fantastica, sì. Sorride sempre.
La massa di capelli rossi che fissava il pavimento sbuffò.
-Ne ero certa. Sorride. Complimenti Manley, complimenti.
Si sedette affianco a lei e cominciò a fissare il mare. lei sollevò la testa e portò alle labbra la sigaretta, aspirò lentamente.
-Non ha paura a starmi così vicino, signor Manley? Sono il diavolo, io, tu ora vivi con gli angeli.
-"Cosa potrei essere se non la figlioccia del diavolo"?Lara, io ho trovato la stabilità, tu piuttosto, perchè non trovi un buon partito e metti su famiglia?
Lei sbuffò di nuovo. Poi si alzò e si mise di fronte a lui, avvicinò le labbra rosse al suo orecchio
-Ma ti senti, Manley? Citi Edna e parli di matrimonio... la mia anima è dannata, e dannato lo sei anche tu. Hai perso la poesia, Manley, e sei così innoquo adesso...
Prese la mano di lui e la portò tra le sue cosce.
Lui accennò un sorriso, dapprima sereno, poi lievemento turbato. Fu preso da un brivido e rimase immobile. Lei poggiò le sue labbra sulla sua fronte e rimettendosì eretta, cominciò a camminare, lasciandolo così, con quella voce nelle orecchie
"Dannato lo sei anche tu..."

lunedì 29 marzo 2010

Ora degli scoop

Io credo che la torre di Pisa abbia capito cose che noi altri, non riusciremo mai a comprendere appieno.

domenica 28 marzo 2010

Ora del dolceamaro

Stringimi un po' più forte. Non lasciarmi andare via. Stringimi perchè ho paura. Stringimi e lascia che mi perda un po' tra le tue braccia.
Solo un po'
quanto basta
poi lascia che io
vada via.
Scivolerò via dalle tue braccia quando il vento avrà deciso che sarà così.
Fino ad allora, tienimi un po' di più vicino al tuo cuore.
E ti prego non pensare. Non cercare di capire cosa voglia, perchè non lo so neanche io. Voglio tutto, voglio niente, voglio il mondo nel palmo della mano e non capire nulla allo stesso tempo.
"Ognuno ha i suoi inferni, ma, sai, io sono tre volte più avanti del resto."
Abbracciami senza guardarmi negli occhi, perchè ho paura che tu veda quello che ho dentro e non voglio. Sto cercando di guarire. Piano. Io ce la sto mettendo tutta. Tu non devi fare nient'altro che sorridermi e baciarmi, perchè è questo che mi sazia, adesso. E mi piacerebbe pensarti con le braccia aperte dietro di me, consapevole che non troverò mai il coraggio di buttarmi. E prestami una di quelle tue parole, perchè io le ho perse tutte. Già.

mercoledì 24 marzo 2010

Ora degli Asterix

Era come se all'improvviso il mondo avesse cominciato a girare più velocemente. E io ferma, immobile, cercando di non lasciarmi trascinare. Eppure, ero al centro di quel caos, la vita che d'improvviso mi toccava. La vita che sfiora un'eterna esistenza. La vita, quella che fa male, quella che ti fa tremare, quella che senti pulsare dentro al petto, quella che poi, muori.
La vita va veloce se tu resti ferma. E ti sembra che corra così tanto perchè è in ritardo. Poi però ti accorgi che in realtà sei tu a doverti avvicinare.
Ho visto la vita così vicina. Ed avevo gli occhi chiusi.
La vecchiaia è solo una condizione psicologica, si allontana difronte alla vita vera. E mi sono sentita bella, viva, leggera.
Ho visto la vita dentro altre labbra, ho visto la vita e lei guardava me. Mi si insinuava dentro, e ora non riesco a smettere di tremare.

lunedì 22 marzo 2010

Ora dei profumi

Si muoveva bene nell'oscurità. Ne era avvolta, ne era tristemente cullata. Aveva l'oscurità intorno, e l'oscurità all'interno. Paura. Tremava. Si concedeva solo alle tenebre.
Poi lui le portò il sole. Ce l'aveva dentro, il sole. E, inaspettatamente, il sole non faceva così male. Così lo lasciò guardare le tenebre che aveva dentro, piano. Cominciò a concedersi al sole, che cominciava ad insinuarsi dentro di lei. Le prese la testa, per prima, e le labbra, che mai si erano piegate così spesso in un sorriso, le prese le parole, che si trasformavano, erano parole diverse...
Il suo compito era portarle il sole, quello di lei era quello di lasciarsi prendere lentamente. E di non aver paura di sorridere troppo e di fluttuare nell'aria. Lo sa bene che occorre rimanere con i piedi per terra, ma è che proprio non ne ha voglia, di ritornare nell'oscurità che per troppo tempo era stata la sua casa.

venerdì 19 marzo 2010

Ora della macarena

C'era la pioggia, una pioggia che durava da sempre, o almeno così gli sembrava. Era qualche ora e il cielo non accennava a stancarsi. Così prese una bottiglia di whisky e si mise davanti alla finestra, le luci spente, a contemplare quella tristezza. Era pioggia violenta. Buttò giù mezza bottiglia, poi la poggiò a terra e chiuse gli occhi. Si toccò il viso con le mani, e sotto i polpastrelli sentì la barba che pungeva, sentì le labbra screpolate e gli occhi umidi, le rughe sulla fronte e i capelli bianchi e stanchi sulla sua testa. Cercò tastoni la bottiglia, la trovò, la finì. Poi rimase così per non so quanto tempo, seduto davanti alla finestra con gli occhi chiusi a sentire il rumore della pioggia, mezz'ubriaco e mezzo morto.

giovedì 18 marzo 2010

Ora dei pomodori dei sogni

Oh, ti prego non allontanarti. Ho bisogno del tuo respiro sulla mia spalla. Se ti allontani ricado nella confusione e nella mente ritorna il solito traffico incessante. Quindi rimani, ti prego, rimani. Aspetteremo insieme la notte e quando verrà ce la faremo amica. Non so più chi sono, non so più dove andare, chi seguire, che pensare. Qualcuno una volta mi disse di sedermi e aspettare, perchè prima o poi sentirò il mio cuore parlare e troverò la strada. Il problema adesso, e che appena te ne vai, ogni strada svanisce, si scompone, si dissolve. Non sono davanti ad una scelta, sono persa. Persa come quelli che si perdono. Ma se tu mi sei vicino, io vedo più chiaro. Come un pirata che vede Terra, senza porsi il problema se è terra amica o terra nemica, così io vedo una via, che sia quella giusta o meno, non importa...

lunedì 15 marzo 2010

Ora degli stregatti

Programmi per il futuro:
1-smettere di mangiare così tanto tantissimo
2-boicottare la Coca Cola (Ebbene sì, gente, BOICOTTARE)
3-sposare il Cappellaio Matto
4-ah, no, prima trovare il Cappellaio Matto
5-raggiungere il nirvana
6-fermare il degrado ambientale
7-diventare la più abile scrittrice contemporanea
8-diventare la più abile latinista contemporanea (e direi che questo è più urgente, viste le condizioni...)
9-scrivere una filastrocca insensata al giorno
10-sconfiggere il male
11-scoprire il teletrasporto (a proposito, qualcuno conosce Goku?)
12-imparare a volare
13-fermare il tempo
14-trovare il mantello dell'invisibilità
15-smetterla con le cazzate e pensare alle cose serie (vedi lista soprastante)

No, non sono ambiziosa, qui siamo gente seria con obiettivi seri, mica ciance. Eh.
Dimenticavo, buon inizio settimana.

giovedì 11 marzo 2010

Ora dei polli al forno

L'inverno non vuole andar via, e la malinconia neppure. Quindi, con il tuo permesso, mi rintanerei tra tue braccia sicure, fratello. Lì niente può più farmi del male, e tu sei una delle ultime persone che vorrebbe vedermi soffrire. Ho bisogno di rifugiarmi tra le tue braccia da orso, ho bisogno di te, fratello. Sparire per un attimo e ritrovare nella tua protezione la serenità perduta. Chè qui fuori fa' freddo, e io ho voglia di qualcuno che mi faccia stare bene. Quindi me ne vengo un po' vicino al tuo cuore, dove mi sento intoccabile, protetta, a casa.

lunedì 8 marzo 2010

Ora dei ravanelli

Mi stavi davanti. Pochi centimetri da me, così pochi che sentivo forte il tuo odore, che mi riempiva le narici. Eppure, non ne ero mai sazia, lo cercavo e lo lasciavo entrare dentro di me. Credevo non mi facesse del male, credevo che non fosse abbastanza potente da farmi ricadere nel desiderio. E non avevo torto. Ti respiravo soltanto, senza cedere. Ma non avevo calcolato tutto, e son rimasta fregata. I tuoi occhi maledetti, è colpa loro. Tutta colpa loro.

domenica 7 marzo 2010

Ora delle bandane rosse

Vorrei saperti scrivere.
Vorrei trovare sempre le parole adatte per farti vedere quello che ho dentro.
Vorrei sfiorare con le dita i fili che portano al tuo cuore.
Vorrei saper cantare.
Per farti capire quanto è facile trovare l'equilibrio, a volte.
Vorrei poter farti sentire sulla pelle quello che sento io.
Non riuscire a spiegarti tutto quello che ho dentro, è terribile.
Vorrei saperti scrivere, magari due parole veloci, di quelle che le prendi e sono già andate via. O magari una poesia. Di quelle da cantare. O magari proprio una canzone. Vorrei saperti scrivere. Per farti capire tante, troppe cose. Ma non riesco a trovare le parole, ci sono, poi non ci sono più, non riesco a fermarle e a metterle al posto giusto. Quindi devo limitarmi ad usare quelle di tutti, Sole Cuore Amore.
Vorrei saperti scrivere, per farti capire che, in fondo...

giovedì 4 marzo 2010

Ora delle spugne allo zucchero filato

Amavo avere le tue mani sui miei fianchi. La tua presa decisa, per non lasciarmi andare via e le tue dita incerte, come di chi ha paura di sfiorare la felicità proibita. Amavo avere le tue mani e sentirmi protetta, al sicuro, dove niente e nessuno poteva farmi del male. Adoravo quella sensazione di abbandono che prendeva il mio corpo e lo immobilizzava, come se d'improvviso il caos dentro al testa si fermasse e sentissi il respiro della vita, lento. Era quando sentivo la presa delle tue mani che mi trasformavo, mi trasmutavo viva, viva per davvero, viva come non mai. Non ero più io, ero aria che ti scivolava addosso, ero terra, ero energia, ero pioggia che si insinuava dentro di te, ero seta. Quella che se la tieni tra le dita perde la sua consistenza e scivola. Ecco, proprio così, ero seta. E smettevo di abitare il mio corpo come anima piccola in un qualcosa troppo grande, ma la mia essenza si mescolava con il mio corpo ed ero io. Sì, ero io, e mi sentivo troppo viva, ero energia pura che scivolava, proprio come la seta, scivolava.

lunedì 1 marzo 2010

Ora delle sveglie proietta orario

Solo un momento di debolezza. Capita a tutti. Poi passa. Credevo di averti messo da parte, di averti superato, e in questi momenti mi chiedo se è tutto inutile, non posso liberarmi. Lo so che sono una grande cogliona, che ho persone attorno che mi amano e che farebbero di tutto per me, eppure sto qui a piangermi addosso. Perchè il problema vero sei tu, è inutile cercare di non vederti, di non parlare di te, allontanarsi dalla carta per paura che lei mi scopra debole... e sedersi allo sgabello del pianoforte pregandolo di non portare a galla le mie lacrime un'altra volta. Non riesco a coprirti con niente, non riesco a superarti.
Guardami adesso, guarda quanto mi faccio schifo, quanto il tuo solo sfiorarti con la mente mi soffoca, e l'aria comincia a diventare troppo poca, e la vita troppo stretta. Credo che lui si senta in colpa quando vede che sto male per te, e sapere di non poter donare la felicità alla persona che non vorremmo mai vedere triste è pesante. Non voglio che nessuno stia male per me. Perchè lo dico a te, non lo so. Ti odio troppo. Odio troppo quei tuoi occhi maledetti che evito di incrociare, ed ogni volta che capita sento un coltello dalla lama affilata affondare nei brandelli di carne di una vecchia e putrida ferita che riprende a sanguinare... ed usare quel sangue che sento uscire per disegnare un sorriso.
Moira e tu che fai? Ti piace guardarmi così? Perchè non tagli il filo e la facciamo finita, eh, Atropo, ha senso giocherellare con le forbici su un filo destinato a spezzarsi?

sabato 27 febbraio 2010

Ora delle sciarpe ritrovate

Distesa per terra, sulle pietre di un'aia in mezzo al campo, una bambina. Le venivano le vertigini, era troppo grande il cielo... le sembrava di volare. Le si mozzava il fiato davanti a tutta quell'immensità che la schiacciava e che voleva entrare dentro di lei. I movimenti delle nuvole bianche e quelli della sua mano, che disegnava nel cielo son un dito e poi passava la mano aperta per cancellare i suoi disegni. Una lacrima le comparve sul viso, solitaria. E il dito disegnava tra le nuvole il tuo nome. Poi lo cancellava, ma le nuvole ormai l'avevano assorbito, ce l'avevano dentro, e la sua mano aperta non serviva più a niente. Aspettò la pioggia, e quando cadde lei voleva prenderla tutta e cancellarla, per cancellare insieme a lei il tuo nome. Però i suoi calcoli furono sbagliati. Perchè la pioggia la rapì, le si infiltrò tra i capelli e tra i vestiti, e con la pioggia il tuo nome le si impigliò nel cuore. E così come il cielo in cui volava diventò scuro all'improvviso, così le si incupì lo sguardo e il cuore diventava sempre più nero, fino a che il dolore non si impossessò di lei e la pervase totalmente. Stava crescendo e il peso del cuore nero cresceva sempre più. Se ne stava sempre sotto la pioggia sperando che prima o poi si riprendesse quello che le aveva lasciato nel cuore. Ma la pioggia non poteva fare più niente.
Passò il tempo e imparò a portarsi dietro il suo cuore, nascondendo la fatica dietro a un sorriso. Poi un giorno pioveva e lei era come sempre a contemplare la pioggia ad occhi chiusi e tornasti. Dal nulla, dallo scrigno dell'oblio, tornasti. Eri stato nel cielo e tra le nuvole, per poi finire dentro di lei... La tua mano aperta all'altezza del suo cuore come per cancellare, come per cancellarti...

giovedì 25 febbraio 2010

Ora degli 8 e mezzo in diritto

[Premessa: -Guarda, sorella ho fatto una poesia! -Mmm, carina... -La pubblichi sul tuo blog e mi fai diventare un grande poeta??] Bene, ho l'onore di deliziarvi con la bellissima poesia dell'orsetto biondo decenne che vedo spesso gironzolare per casa.

LAmicizia

Un giorno dei bambini
correvano nei prati
gioiosi e felici
nel verde dei tulipani
nel rosso del cielo serale.
Tra l'oro l'amicizia
è illimitata,
pittando, giocando, colorando
sempre è l'amicizia
che combina tutto ciò
ma poi che male fa'!
Giorni di gioia e di dolore,
di tristezza e allegria
sempre lei...
l'Amicizia.
Quel giorno di tristezza
è lei che ti conforta
quel giorno di gioia
è lei che ti aiuta
in un tempo lontano o futuro
c'è sempre lei...
l'Amicizia.

Luca

mercoledì 24 febbraio 2010

Ora delle colonne in testa

Si sedette sullo sgabello, piccolo e fragile sotto le sue forme accentuate di donna di mezza età, con molti capelli bianchi alla radice e rossicci alla punta. Un paio di vecchi mocassini con un po' di tacco sotto il tallone, le calze coprenti che finivano in una gonna verde scuro che lasciava intravedere i lineamenti dolci e le curve delle cosce, una vecchio cardigan di lana rosa antico da cui sbucavano il collo e il viso, morbido e dolce, dolce fino a quando non si incrociava lo sguardo...
-E' stata l'ossessione. La mia. Non ho mai avuto un uomo per più di due anni. Poi mi lasciavano. Ero bella, sì, ma ho sempre avuto troppa paura, dovevo sapere tutto, con chi sei, cosa fai, cosa ti ha detto, perchè. La paura di perdere qualcosa te la fa stringere tra le mani ancora più forte, senza farti vedere che la stai soffocando.
Uno dei tanti, mi mise incinta. Eravamo giovani, e pensavo che un figlio ci avrebbe fatto rimanere assieme per sempre. Poi cominciai di nuovo ad essere ossessionata dal pensiero che mi tradisse, che non volesse più stare con me, volevo controllarlo, possederlo, avere io nelle mie mani la sua vita, perchè io ero forte, io ero invincibile, io ce la facevo... Un anno e mezzo dopo lui sparì e io rimasi sola con mia figlia. Crebbe, e sin da quando era piccola, per dispetto, non parlava, non mi raccontava nulla, ed io che invece dovevo sapere, dovevo possedere la sua vita, era mia, era mia! Compì diciassette anni, e ricordo che quel giorno litigammo perchè mi disse che non avrebbe continuato gli studi. Poi uscii di casa, e quando tornai erano sparite le sue cose e lei, solo un biglietto, breve, SE PROVI A FARMI CERCARE MI AMMAZZO. Poi più nulla. Non mi rimaneva più niente, più nessuno... avevo soffocato anche lei. Non è più tornata. E io non so dov'è, cosa fa, con chi passa il suo tempo, con cosa si diverte... Oggi compie trent'anni. Ed io sono ancora sola, ma la solitudine è solo la giusta punizione di una vita vissuta soffocando gli altri. E quello che rimane di me è solo una vecchia avvizzita e stanca, inutile, ossessionata e sola.

lunedì 22 febbraio 2010

Ora dei punti e accapo

Io sono arrivata al punto di trovare il coraggio e cambiare. Ho cominciato da qui. Ho lasciato che il blog mi seguisse, cambiasse come sto (volontariamente o meno) cambiando e crescendo adesso io.
Nuovo template. Il blu non mi dispiaceva, però era arrivato il momento di togliere tutta quell'oscurità e quella penombra. Mi ci voleva qualcosa di un tantino colorato, come la primavera di cui tanto ho bisogno e che sembra lontana anni luce di qui. Sì, forse è stata la voglia di primavera, e l'ho lasciata entrare nella mia seconda casa, così, spalancando le finestre e godendomi la sua luce.
Nuovo nick. Questa è stata una decisione ardua, tanto. Quasi una pazzia. L'avrei voluto fare da un sacco di tempo. Quando ho aperto il blog (e anche questa è stata un po' una pazzia), l'ho messo così, come primo che mi è venuto, perchè mi ricordava una persona che stimavo tanto e che scriveva anche lei. Non è stato un furto, non intenzionato, almeno. Poi tutti hanno cominciato a chiamarmi così e non l'ho più tolto, per pigrizia, per paura di stravolgimenti eccessivi. Ora però mi stava stretto davvero. Quindi ne ho tirato fuori uno che usavo da tempo e l'ho messo anche qui. Dira è la bambina di Oceanomare, quella della locanda Almayer. Sono legata a quel nick almeno quanto a quel libro (ed è tanto, tanto...). Ora sono più Io.

Spero piacciano i cambiamenti, ma se non piacciono non importa, piacciono a me, questo periodo transitorio di crescita e cambiamento e queste novità qua dentro, e questo è l'importante.

domenica 21 febbraio 2010

Ora dei cavalcavia

Penso che ognuno, alla fine, si senta solo a modo suo.
Quello che più fa male e ti fa sentire la solitudine sulla pelle, è il buio.
Mi assale.
Si impadronisce di me.
Fino a quando
non mi prende totalmente
e rabbrividisco sotto le
lenzuola
perchè intorno
non c'è alcun respiro
.
Mi fa capire tante cose, lui, il buio
e soprattutto
mi fa sentire
la mancanza
delle tue ossa
addosso.

sabato 20 febbraio 2010

Ora dei duepuntitrattinoparentesi

Io credo sia un inizio accettabile. Se non altro è un inizio, e a me va bene così. Stiamo riprendendo i fili di una vita sfilacciata e ricominciando a costruire, partendo d'accapo. Piano, perchè noi le corse le lasciamo agli altri, o almeno stiamo imparando a farlo, a prenderci il tempo, dico, stiamo imparando. A modo nostro. Ci sto prendendo gusto a sorridere. Ci sto prendendo gusto a stare bene, di un bene che non è felicità, un bene che non ti fa sollevare i piedi da terra ma stare in piedi senza cadere, e va bene così. Mi sembra di aver trovato la strada giusta da percorrere, sì, parlo proprio di quella, quella con le pozzanghere. Sto bene, e vorrei che tutti ne condividessero un pochino, del mio stare bene, ci stringiamo e si entra tutti. Ecco, prima che cominci a delirare (sono già un po' ubriaca di sorrisi) smetto di scrivere, domani poi pensiamo alle cose serie, oggi io sto bene.
Punto.

martedì 16 febbraio 2010

Ora dei pacchetti tuttocompreso

Un passo dopo l'altro camminavano sotto la pioggia. Sottile. L'una appoggiata all'altro, senza troppa fretta, prendendo dalla vita solo quello di cui avevano bisogno, senza troppa avidità. Era un andare bellissimo, perfetto. E per perfetto non si intende che erano perfettamente coordinati. Però erano due metà di un quadro magnifico. Come se fossero stati creati per camminare assieme. Non si chiedevano dove stessero andando, perchè era una domanda senza risposta, e sapendolo entrambi, non c'era tempo per stracciare il silenzio con una domanda inutile.
-Per la prima volta penso di stare andando per la strada giusta.
Sorriso.
-La strada giusta è piena di pozzanghere.
-Sì, ma è solo perchè gli uomini non la riconoscano subito.

lunedì 15 febbraio 2010

Ora degli elettroni sulla parete

Ancora un'altra sera così, tra la stanchezza e l'insonnia, con qualche musica nel cervello e il telefono all'orecchio, a scambiarsi sospiri stanchi e parole inutili. Il pc sulla scrivania con il suo sfarfallio e io che ci poso gli occhi sopra. Vieni a farmi compagnia mia cara carta, portami lontano da queste pareti monotone e questa vita macchiata di umido. Il fondo dell'ennesima tazzina di caffè mi racconta di storie lontane, e di mancanze... le mie mani sporche di inchiostro, gli stessi oggetti di sempre, nulla da scoprire nella mia vecchia tana. Ed io come una vecchia talpa grassa, sprofondo nella manlinconia della vecchiaia, ho le rughe nell'anima e provo ribrezzo per il mondo, che è tutto uguale, e gira sempre allo stesso modo.

giovedì 11 febbraio 2010

Ora dei cavi di lana

Che io poi, non sto scrivendo, perchè è un periodo strano. Strano che non so neanche io se ho trovato un equilibrio che mi piace (e io quando sto così non mi piace come scrivo, stacco troppo i piedi da terra) oppure se è solo la pigrizia e la monotonia della vita che non mi fa accorgere di qualcosa. Probabilmente non riesco a spiegarmi. Capita, di delirare. Perdonatemi anche sta volta. Mi sento nella boccia dei pesci, intrappolata nella routine, si va avanti sempre nella stessa maniera. E questo non va. No che non va. E purtroppo deve andare così finchè non si riscalda un po' il sole, e arriva la luce dappertutto. Ora il sole sembra di vetro, e il tempo troppo poco e io troppo pigra. Già.

lunedì 1 febbraio 2010

Ora degli ippopotami a strisce

Riannuso la sciarpa e sento il tuo odore. L'hai lasciato qui quando mi hai abbracciato. Ed ora sta svanendo. Cerco di catturarlo, di fermarlo lì ancora un po' di più. Non voglio abituarmici e non voglio che si disperda.
Fino a ieri mi chiedevo troppi perchè, mi facevo troppi problemi, misuravo col contagocce quanto affetto provare per le persone, attenta a non versare mai più della quantità stabilita, perchè poi mi faccio male, e questo si sa. Eppure appena ti ho visto, mi è scivolato di mano tutto e in quell'abbraccio c'ero io e quello che ti stavo buttando addosso era tutto il mio affetto. Come i bambini, come quelli che non sanno che ci si fa del male. Una cosa semplice, una cosa semplicissima, da ingenui. Un bene che se non sei stato bambino non puoi capire. Il fuoco sacro dell'amicizia e della fiducia. Dal Resto frainteso e distorto, deformato e sbiadito. Ma, devo confidarti un segreto, oggi ho scoperto che il maledetto Resto, se lo guardi negli occhi, svanisce.

giovedì 28 gennaio 2010

Ora delle vecchie bambole

Quella sera ricordo di essere venuta da te con il preciso intento di urlarti contro. Non ti avrei permesso di prendere il sopravvento, ero decisa. Non appena ti ebbi per le mani, mi rimoccai le maniche e cominciai a mettere in atto i miei piani, gettandoti addosso un sacco di parole veloci. Ma tu mi bloccasti le parole in bocca, perchè forse era quello l'unico bastardo modo che conoscevi per non farmi parlare. Mi allontanavo e ricominciavo, ti avvicinavi e il fiume di parole veniva di nuovo interrotto. Quei tuoi maledetti baci. Quelle mie maledette parole. Quei due maledetti noi.

domenica 24 gennaio 2010

Ora dei cioccolatini fondenti

Questa è la seconda donna che incontriamo sul palchetto di un vecchio bar e che spiega se stessa con un monologo. La prima è qui.

Arrivò sul palchetto con il rumore deciso dei suoi passi. Pantaloni rigati e senza una piega, la camicia perfettamente stirata e dentro i pantaloni, sotto una giacca grigia con le spalline. I capelli tirati all'indietro in una coda alta e perfettamente ordinata. Un paio di occhiali scuri. Si sedette sullo sgabello, sempre lì, al centro del palco, sotto la lampadina e la sua luce imperfetta.
"E' morta. Stamattina. Mi hanno chiamato e io l'ho trovata lì, morta. Sì è portata il mio odio nella tomba. "Abbassa lo sguardo.
"L'ho sempre odiata. Perchè non c'è mai stata o almeno credo fosse per quello. E quando c'era, non sapeva far altro che urlarci contro. Urlava finchè non le bruciava la gola. Urlava come urlano i pazzi. E io non le rispondevo mai. Sono sempre stata abituata a non reagire, lei mi puntava addosso quegli occhi vuoti del calore che devono avere gli occhi delle madri, io rimanevo impassibile. E la odiavo. Di quell'odio puro. Non riuscivo a starle accanto, figuriamoci a parlarle. Ma più di tutto, non volevo essere come lei. E più la odiavo, più mi accorgevo di somigliarle. Più crescevo più mi dicevo che sarei stata migliore. Ma guardatemi adesso. Sono uguale a lei. Sempre a lavoro perchè è lì che sono brava e mi sento perfetta. Ma come madre, sono una merda. Mi sono sempre riproposta di riuscire a perdonarla e di parlarle, un giorno, prima o poi. Ma non è bastato il tempo, non sono mai riuscita davvero a perdonarla. Come si può perdonare una madre assente che non sa fare altro che urlarti contro? Non sopporto le persone che urlano, il rumore delle urla mi ferisce. Non sopportavo lei. E l'ho lasciata morire così, con l'odio di una figlia addosso. Con l'odio di una figlia addosso."

sabato 23 gennaio 2010

Ora dei sacrifici

Questa va gustata piano piano, prendendo una frase alla volta...

Quindi superata l'ossessione
Della solitudine e della devozione
Emerge il fabbisogno esponenziale
Di incrementi demografici e di istinto matriarcale
Dopo un silenzio astrale esplodi il quesito
Sul vizio occulto e il desiderio proibito
Mi assale un profano bisogno e preparo la cena
Quando verranno
Gli anni dei ricordi
Ci troveranno ancora uniti e forti
Sereni per quel che noi siamo stati
Per quello che saremo
E ci esercitiamo ad affinare l'equilibrio
Della reciprocità
Sei forte delle tue certezze esatte
Che si esprimono in pretese di stabilità
Riusciamo a mantenere la giusta distanza
Dal rischio quotidiano della ciclicità.
Adesso vieni vicino ti abbraccio che hai freddo alle mani

Quando verranno gli anni dei ricordi ci troveranno ancora uniti e forti sereni per quel che noi siamo stati per quello che saremo...
(Elogio alla sublime convivenza- Max Gazzè)

martedì 19 gennaio 2010

Ora delle rivoluzioni

Ti stringo tra le braccia un po' di più. Come se il tuo corpo, allontanandolo dal mio, perdesse la sua concretezza e svanisse.
A volte ti odio. Ti odio quando i miei piedi freddi la sera cercano nelle lenzuola qualcuno a cui stare vicino, e trovano il vuoto, kilometri e kilometri di lenzuola vuote e non ancora calde.
Ti odio quando lo spazio sotto l'ombrello sembra troppo, senza stringermi a niente per non bagnarmi, kilometri e kilometri di spazio vuoto sotto l'ombrello. Ti odio quando ti vedo addosso tutte quelle parole inutili, quelle che la gente crede sagge e necessarie.
A volte invece, non ti odio. A volte. Non ti odio quando sembri amare e raccogliere i miei attimi di delirio e i miei mille complessi incapibili con la stessa semplicità di sempre, come se fosse la cosa più normale del mondo, piangere e ridere insieme. Non ti odio quando mi dici ciò di cui avrei bisogno senza interpellarmi e dicendomi di tacere. Quando sembri sapere esattamente dove stai andando e perchè, guardando come anormale la mia insicurezza.

Ti stringo tra le braccia un po' di più. Per non lasciarti dissolvere nell'aria. E per farti capire quello che ho dentro.Tutto. Ed è tanto. Tantissimo.

[Titolo a cura di CoB, ma non potevo mica dargli un senso, eh no...]

venerdì 15 gennaio 2010

Ora delle testedormienti

What would be your ideal house?
"Ecco, e ora come si spiega che si vorrebbe una casa stile Locanda Almayer di Oceanomare? Poi in inglese..."
-My ideal house would be near the sea, ma neanche troppo vicina, di quelle che il mare puoi guardarlo senza esserci troppo dentro, senza perderti... finchè lo vuoi, finchè puoi. Sarebbe una vecchia costruzione in legno, con la luce che entra ovunque e dentro ci sarebbe il sapore delle cose Vere, un tavolo con tanti fogli di carta, e appese al muro mille poesie, tanti divani, una sala con un pianoforte a coda, solo, lontano dai vicini che dormono e i bambini che piangono. Ci sarebbe un piano superiore con un letto grande e comodo, e poi una stanza con tante fotografie in bianco e nero. Ci sarebbe una soffitta dove dimenticare le cose e lasciarle impolverare per poi riprenderle. Ci sarebbero tanti cuscini ovunque. E cioccolate calde d'inverno, e tè d'estate, e tappeti e tende. Mi piacerebbe chiamarla Casa. E mi piacerebbe che dentro ci fosse anche un po' di felicità. La mia.

lunedì 11 gennaio 2010

Ora dei quadernetti cinesi

Giusto un appunto. Perchè certi avvenimenti vanno ricordati.

Sera. Cucina di casa. Con fratello di nove anni attaccato al suo Nintendo. Tv accesa su un qualcosa non ricordo cosa su Rai 2. Nessuno dei due seguiva. Ad un certo punto, qualcuno alla Tv dice: "Credevano che non era..."
Il fratello attaccato al suo cosetto, nella più totale distrazione mormora "Credevano che non fosse..." per poi meritarsi un fastidioso bacio sulla fronte che gli fa perdere la partita.
Ora, non mi piace tanto fare polemica, però c'è gente che non può parlare di morte del congiuntivo, di giovani d'oggi che non sanno parlare, che se hai meno di sedici anni è impossibile che tu scriva che con il "ch", siamo figli della tecnologia, io per prima errori grammaticali ne faccio a bizzeffe, ma dico, da chi dovremmo prendere esempio, è possibile che anche nella Tv italiana popolata da italiani, si sentano cose del genere?

venerdì 8 gennaio 2010

Ora del celeste avorio che non ha senso

Era tutto un rincorrersi. Per poi non trovarsi mai e piangersi addosso, ognuno per i fatti suoi. Sarebbe bastato tanto così (indice e pollice tremendamente vicini) e ci saremmo trovati. Ma stavolta non me la sento di maledire la Moira per esser stata così crudele. La sua perfidia sarebbe arrivata a tal punto da svelarmi la tanto (tanto, tanto per davvero) bramata verità solo appena aver smesso di desiderarla così tanto e aver perso la testa per qualche altro mistero impossibile. Sarebbe bastato veramente poco, anche se infondo ne sono uscita, non proprio brillantemente ma uscita, e ora averti senza desiderarti è magnifico. Ma non oso pensare al tempo buttato via. Troppo. Troppo.
La Moira è un essere così perfido e perverso che quasi mi affascina.
-Tutti tu te li scacchi (scegli) gli stronzi e i tipi astratti (molto complicati)!
Ecco.