mercoledì 21 dicembre 2011

Ora dei tarallini


Mai capitato di cominciare a scrivere e mollare dopo poche righe? Bene, su www.writeordie.com non avrete di questi problemi! Io ci ho provato e questo è il risultato, divertitevi!


Hai subito colpito sul mio punto debole. A me piacciono le persone che sanno raccontare bene le storie. Non è cosa da tutti, è un dono innato, c'è chi ce l'ha e chi non ce l'ha. Impazzisco per le storie ben costruite, per le parole messe insieme con arte, per le espressioni del viso, per i gesti, di chi le storie le sa raccontare bene. Sono sempre stata molto esigente. E sebbene da sempre ghiotta di storie di ogni genere, tra tutte preferivo quelle della nonna, maga dell'arte del raccontare. E non si pensi mica che tutte le nonne sono così, il saper raccontare non viene certo con l'età. O lo si ha o niente.
Hai subito colpito sul mio punto debole. E l'hai fatto con grande abilità. Appena mi hai vista, ti sei fermata e hai detto, Devo contemplarti. E poi le solite cose, Non ti vedo da tanti anni eri piccola così. Contemplarti. Come un quadro. Contemplarmi. Non penso nessuno mi abbia mai contemplata, guardata sì, notata magari, scorta, fissata, ma contemplata, no. Poi sei arrivata alle storie. Dicevo, con l'età non viene il saper raccontare, ma la voglia, quella sì che ce l'avete, voi vecchi. E infatti mi aspettavo delle storie da sbadigli e finto stupore. Invece no. Magia. Danzavi sulle parole con una splendida leggerezza. Meraviglia.
Ti prego continua. Raccontami di quel lontano cugino. E mia nonna, Era orgogliosa, mi dici, Era bellissima. Raccontami del dopoguerra.
Ma poi.
La bellezza di chi sa raccontare bene le storie sta in certe piccole cose, frasi, parole, che ti fanno vedere le cose in un modo che mai e poi mai, avresti potuto vedere da solo.
Mi facevano impazzire i camini.
Me lo dici così, con la semplicità di un Mi piacciono i gatti, i bambini o le torte di mele.
Come se fosse una cosa che dicono tutti. Con la stessa sincerità dei bambini quando raccontano i loro desideri impossibili. Volare o fare l'astronauta. Con la stessa serietà.
Mi facevano impazzire i camini, e le scintille del fuoco.
Mi dici.
E io sorrido.
A me fanno impazzire le persone che san raccontare bene le storie. Sono essenziali. Le storie e chi le racconta bene.

lunedì 12 dicembre 2011

Ora della damnatio memoriae

Contemplava il suo essere apolide seduta sul gradino della stazione. Senza appartenenza. Senza un posto dove essere, senza vincoli, come una casa. Senza un posto dove tornare.
Le pungeva l'anima la parola solitudine.
E moriva guardando gli abbracci. Nella stazione, gli abbracci.
Pensò che gli abbracci sono un po' come delle case, posti a cui appartenere. No, i baci no, i baci sono parole che non volano, ma muoiono sulle labbra, non si può appartenere ai baci.
Lo riconobbe tra la folla che andava e veniva.
Appena lui potè sentire la sua voce,
Amami, disse, Amami e portami via. Non ho fretta, ma portami via. Sono nomade stanca di cercare, apolide e sempre costretta a luoghi a cui non appartengo e non apparterrò. Riportami a casa. Ovunque essa sia, riportami a casa.

Un abbraccio.
Casa.
Forse.


martedì 6 dicembre 2011

Ora dell'omeostasi

Ci son cose che proprio. Rabbia.
Come Admeto. Quel. Vabbè.
Insomma Admeto è in fin di vita e Apollo gli concede di non abbandonare la Terra a meno che non trovi qualcuno disposto a morire al posto suo. Chiede ai genitori e no, non sono mica scemi loro, che trovasse qualcun altro. Come la moglie, per esempio. Tanto le donne sono inutili, no?
E poi si sa, l'impulso, il thumos, di una donna innamorata ha in se quella forza e quella determinazione che sarebbero capaci di tutto. Così Alcesti, per amore, dona la sua vita.
Lei sta per morire e il gesto più dolce che ad Admeto viene di fare, espressione del suo incommensurabile amore (tanto profondo da non contraddirla nella sua scelta di morire al posto suo), le giura eterna fedeltà. Ah beh. Complimenti vivissimi.
Non solo, questo gesto fu considerato come nobilissima espressione d'amore. Ah beh. Complimenti vivissimi.
Fortunatamente passava di lì Eracle, per il quale una è la cosa da fare, convincere Tanathos a lasciar andare Alcesti, insomma, anima più anima in meno.
Così Eracle la salva e la riporta indietro, velata. Admeto apprezza la donna velata (e l'eterna fedeltà? Ah beh, complimenti vivissimi) e solo in un secondo momento si scopre che in realtà è la moglie. I due ritornano insieme felici e contenti e Eracle torna da dove è venuto.
Ok, considerando la società patriarcale dell'epoca (solo, dell'epoca?) e la presunta misoginia di Euripide, ma cavolo, non si può considerare come tema della tragedia l'amore coniugale, non si può. Al massimo, se proprio bisogna trovare un senso, è che le donne si innamorano sempre di quei, vabbè, come Admeto, e quei pochissimi Eracle disposti ad andare nell'oltretomba per recuperarle si attaccano ad un lunghissimo e bellissimo tram. (Ecco dov'era il senso della tragedia, insomma)