venerdì 25 febbraio 2011

Ora dei vetri

Una volta il vento piangeva sempre. Che poi piangere non è neanche una cosa brutta, perchè il vento che piange piange e basta, senza nessun rumore. Una volta il vento non faceva nient'altro che piangere, per un dolore lieve, che non merita disperazione. Ma silenziose lacrime insipide, che non portano storie e sentimenti, ma dalla consistenza particolare, che porta in se pezzi di felicità abortiti.

Una volta il vento piangeva sempre, perchè non sapeva fare nient'altro. Per la solitudine. Per il terrore di essere inutile. Per l'angoscia di non essere più amato. Per paura di essere ingombrante.

Una volta il vento piangeva sempre, poi ha cominciato a correre. E da allora non si è fermato, e da allora non ha pianto più.

giovedì 24 febbraio 2011

Ora dei rifugi

[Ritorno a scarabocchiare dopo un periodo di silenzio\studio\tendinite alla mano destra. Ma, rieccomi qui. Con qualche storia di arretrato. E qualcuna andata persa per la mano che non poteva lasciarla al mondo. Non immaginate la frustrazione di non potermene liberare, delle storie in testa, alcune sere. Ma tutto è passato. E sono finalmente di nuovo qui.]

Per dare una forma ai pensieri- i ciottoli sulla riva del mare in inverno.
Per dare una forma ai pensieri- le assi di legno delle barche nel porto.
Per dare colore ai pensieri- l'azzurro della linea azzurra nell'infinito.

Avevo bisogno. Del mare.
Avevo bisogno di un appiglio di serenità nel caos, che tutto prende, fuorchè il mare.
Il mare è una cosa, vedi, che tu proprio non puoi non amare.
Non puoi non avere bisogno del mare, così come uno che ama, non può non aver bisogno.
Respirare l'aria pungente, lasciare che il vento ti avvolga e immergere gli occhi - un attimo dopo averli lasciari scorrere sul pelo dell'acqua.
Lasciare i pensieri lì dove non c'è tempo, nè forse, nè caos.
Lì dove la tua vita ti cade di dosso.
E non puoi fare nient'altro,
in inverno, davanti al mare,
nel vento freddo e in un sole assente,
che lasciare che il mare
ti entri dentro
di nuovo
e riscoprire ancora quell'eterno
amore.

venerdì 4 febbraio 2011

Ora dei Sunday kind of love

Arrivò a casa e si sfilò le alte scarpe a punta, si sciolse i capelli e si stese sul divano con un bicchiere di brandy.
Ella Fitzgerald cantava It's a pity to say goodnight e lei, lì distesa ad occhi chiusi sul divano, la accompagnava con un leggero movimento dei fluenti capelli vaporosi e profumati. La notte e la sua solitudine scivolavano leggere su di lei.
Cominciò a muoversi piano, a ballare silenziosamente e dolcemente, con ancora il bicchiere nella mano destra e li occhi chiusi.
E finì davanti alla finestra spalancata nella notte fredda e silenziosa, e la canzone finì, con un interminabile
Give me a goodnight kiss.

giovedì 3 febbraio 2011

Ora dei non puoi vedermi

L'altra sera, andò da lui, perchè era così che faceva quando era distrutta, andava da lui.
Si mise in punta di piedi e lo abbracciò forte, poggiandosi su quel po' di pancia tra le sue grandi braccia da orso. Lo stupì, e lui le sorrise, e non fece domande.
Lei sapeva che non le avrebbe fatte. Ed era anche per questo che era lì.
Lo strinse più forte sentendosi minuscola, ma protetta, a casa, accolta.
-Posso piangere un po'?
-Sì.
Le rispose. E le lacrime non esitarono. Cadevano silenziose sulle grandi spalle. Non parlò, consapevole del male che facevano le sue lacrime e il suo silenzio su di lui. Ma non c'erano parole. Per un attimo le aveva pure cercate, ma aveva smesso quando aveva capito che in realtà non c'era un motivo per cui stava piangendo. O forse ce n'erano troppi. E troppo stupidi per essere capiti.
Ma lei era lì, e piangeva tra le sue braccia forti. Piangeva perchè ne aveva voglia. Perchè è una cosa da pazzi, piangere senza un motivo, un motivo ci deve essere, e invece no, lei piangeva, perchè la tristezza l'aveva colta di sorpresa. Ecco, era una malattia, la tristezza.
Un attimo prima di staccarsi, dopo il senso di colpa atroce per avergli dato una sofferenza tale, disse
-Guarirò.
e poi andò via.