lunedì 31 maggio 2010

Ora dei fuori traccia

Adesso dimmi, come fanno gli uomini a dimenticare di guardare il cielo?
Si potrebbe usare la parola bellissimo, si potrebbe usare la parola meraviglioso, si potrebbe usare la parola sublime. Bello da stare male. Il cielo non si dimentica mica di mostrarsi bellissimo ogni giorno.
Cielo, tranquillo, ci siamo noi due a guardarti e a stupirci ogni volta. Perchè quando si smette di guardare le cose bellissime, allora si sta cominciando a morire. E morire non è per noi, non adesso.
Alba (Sole)
Una pacca sulla spalla, apro gli occhi E' l'alba, mi dicono, E' l'alba, scopro. E' l'alba. Sul mare. O forse in mezzo. In mezzo al mare. O forse dentro. Dentro me. Vorrei riempirmi gli occhi per poi portartene un po', voglio che tu la veda, devi vedere com'è meraviglioso, devi. Il sole è tirchio e la terra sembra ancora sotto il velo del sonno, la nebbia intimidita dal sole comincia a svanire. Le luci delle case sono granelli, guarda come sono piccole, inutili, uno scherzo dell'uomo che non contento ha voluto perfino sfidare lui, il sole, che tranquillo si alza e le rende ridicole, fragili e stupide. Guarda il mare. E' uno specchio. E nel mare il cielo. E nel cielo il mare. E dentro il tutto che si mescola, ed il mare diventa cielo scuro che sta schiarendo piano ed il cielo diventa mare che da nero ridiventa azzurro. E il sole. Buongiorno a te, sole, che svegliandoti baci la terra. Buongiorno a te cielo, che stamattina, come sempre, ci regali un attimo di perfezione. E buongiorno anche a te, ovunque tu sia, ti porterò quest'alba, devi vederla, devi.
Alba (Luna)
Per sbaglio alzo gli occhi dall'orizzonte. La vedo. Rossa. Tonda. Strana. Il cielo indaco e lei rossa, perchè le va di essere rossa e lo è, non deve mica per forza essere gialla, lei. Cercarla e trovarla nel cielo ogni sera è una piacevolissima abitudine, mi tranquillizza sapere che c'è. E' un amore a senso unico quello degli uomini e della luna. La presenza dell'una è fondamentale per gli altri, ma lei non saprà mai della nostra esistenza. Eppure, e tu lo sai, è come se fosse sopra le nostre teste proprio per controllare che tutto proceda per il meglio, è come noi, la luna, è tra noi. Solo che non ci vede. E stasera è rossa. Bellissima anche vestita così. La sua è un'alba silenziosa, ma altrettanto spettacolare. Non intimidisce, lei si appoggia sul cielo e lascia che lui si dipinga con tutti i colori che gli garbano, lei sta per i fatti suoi, lì nel mezzo, e quando le va ne prende uno, massimo due, di quei colori, e li sfoggia leggieri. Devo portartene un pezzetto, devi vederla, amore, devi vederla.
Notte
Sembra spento. Sembra assente. Invece è più pieno di quanto si possa immaginare. Un'immensa distesa di nero decorata con puntini luminosi dei più vari. E lei che è sorta pian piano diventa regina. Bellissima padrona. Ben poco rischiara intorno a lei: qualche nuvola di passaggio, le forme della spiaggia, la pelle bianca, i sorrisi. Rapisce gli occhi, li prende e non li lascia più, e tu rimarresti per sempre lì a cercarla - trovarla - guardarla - gustarla - rilasciarla per poi riprenderla - interrogarla e ancora guardarla e così via fino alla fine della notte. Ovunque siano, so che i tuoi occhi la staranno cercando, o almeno mi piace immaginare che sia così. Sapere che i nostri occhi lontani si posano esattamente sullo stesso angolo di luna.
Inutile pensare che mi manchi. Inutile sussurrarlo alla luna, bellissima luna, che forse lo ha già capito. Le emozioni sono già tante e l'unico modo per smaltirle, oltre che piangere, è scrivere. Ma adesso non posso, qui, in mezzo alla gente, guardo il cielo e cerco di bloccare tutto dentro, tutta la bellezza del cielo, rinchiusa. Non avevo calcolato la tua assenza. Come mi manchi. Oh come mi manchi. Non importa cosa stai pensando, non importa se mi pensi o meno, davvero, non importa. So che mi manchi e questo è quanto. Ma per adesso guardo il cielo e cerco di fare il possibile per portarlo con me. Devi vedere tutto questo, devi.

Sì, manca il tramonto. Manca perchè non l'ho visto, non perchè non l'abbia voluto portare con me. Manca il tramonto perchè il cielo ha pensato le cose per bene, e mica potevo portare tutto io, così ha distribuito le meraviglie un po' per uno, e l'unica cosa da fare qui è aspettare. Aspettare il tramonto, che non sembra più così tanto lontano.

lunedì 24 maggio 2010

Ora delle lenti a contatto irraggiungibili

Il cielo si esibiva alla loro sinistra, il sole bruciava piano per poi lasciare spazio alla luna, e loro lì. Veloci, silenziosi, l'uno di fianco all'altra, ognuno con i più svariati pensieri per la testa. La strada d'avanti, la strada dietro, in quel tragitto preciso, puntuale, settimana dopo settimana, con il sole che bruciava alla loro sinistra. Potevano rimanere lì per ore, a parlare in silenzio. Silenzio che ogni tanto si interrompeva, per poi ritornare più intenso di prima. Quello fu uno di quei momenti.
-Ma tu, sei felice?
-Io non credo nella felicità, o meglio, credo che sia il fine totale e per questo irraggiungibile, sopratutto perchè...
-Sst. Basta.
-...
-...
Silenzio.

-Sì, sono felice.
-...
-E tu? Tu sei felice?
-Ti sei risposta da sola.

lunedì 17 maggio 2010

Ora dei pavimenti scricchiolanti

Guardo il mondo veloce fuori. Ritorno. Tutti ce lo ritroviamo per le mani, prima o poi, un ritorno. Quello a casa è solitamente un po' amaro. Fuori il cielo denso di nuvole e sotto alberi cespugli case e sotto il guard rail e sotto l'asfalto. Il ritorno nella mia boccia di quotidianità mi è sempre stato un po' scomodo. Un pesce a cui dai un assaggio di oceano non si accontenta mica di due sassi e il solito mangime... e se mi fai assaggiare il mondo fuori dalla boccia che chiamano casa (non nel senso delle quattro mura, nel senso delle solite cose), non puoi mica pretendere che ci ritorni volentieri, là dentro. Ma stavolta è diverso, lo ammetto.
"Non sarai mai sola se hai ancora te stessa"
Sì nonna, come sempre, hai ragione, però sai che c'è, c'è che non mi sento intera. C'è che, un po' per sbaglio un po' per scelta, ho lasciato un pezzo a casa. E ora che assisto alla sfilata del mondo fuori mi culla una nuova tenera sensazione. Mi sento aspettata.
Tutti dovrebbero sentirsi aspettati. Tutti dovrebbero sapere che da qualche parte c'è qualcuno ad aspettarli. Dico, ad aspettare sul serio. E' una cosa bellissima.
Guardo il mondo piovere fuori. Guardo il mondo sorridermi un po' dentro. Tra poco sarò a Casa (no, non nel senso delle quattro mura, nel senso delle sue braccia), e la boccia è decisamente più piacevole.

giovedì 13 maggio 2010

Ora dei mantelli neri

Certe notizie sono come frecce. Scagliate dal destino e arrivate sulla nostra pelle. Alcune hanno la punta affilata. Troppo.
Morire a quattordici anni è una di quelle che non solo ti toccano, ti trapassano da capo a capo, alla fine non siamo più profondi di una quindicina di centimetri, cosa ci vuole, a trapassarci?
Morire a quattordici anni non ti riempie d'amaro la bocca, ti riempie d'amaro l'anima.
No, non è possibile, ti sbagli, non è successo, no non è vero, non è vero. NON è VERO. Dimmelo, dimmelo che non è vero.
Parole che finiscono. Strozzate in gola.
Corpi che si fermano, immobili. Pietrificati.
Non è possibile.
Sì lo è.
Lo è stato.
Io non la conoscevo bene. E' capitato di farci due chiacchiere e di scherzare un po' insieme su questo e quello, niente di più. No, la mia non è pietà, compassione.
E' ribrezzo.
Perchè avevo ricominciato a credere nel buono della vita.
E questa mi ha dimostrato di saper essere una merda più di quanto credessi.
Potevo esserci io, su quel letto, a morire. Nessun fattore esterno. Poi sotto i ferri. Poi due giorni di coma. Poi il cellulare che squilla, silenzio.
Eleonora.
Che rimane un po' a vagare nell'aria, come una freccia, una parola sola. Poi il nulla.

mercoledì 12 maggio 2010

Ora delle bande di Q

"Le sue mani..." esordiva così lei, J.
-Le sue mani...bellissime. Erano mani felici, le lunghe dita affusolate e le unghie perfette, dal taglio lineare. Pallide, morbide, lisce. Sembravano fatte di pane, quelle mani. Amavo le sue mani. Amavo sentirmele addosso. Amavo le dita che scivolavano e amavo la loro stretta, il loro cercare ed esplorare piano centimetri di pelle nascosta. Erano mani perfette. Anche i graffi, i calli, su quelle mani erano angoli di perfezione bianca. Amavo le sue mani. Amavo sentirmele addosso. Erano mani bellissime, erano mani felici..."

giovedì 6 maggio 2010

Ora dei PGM

Si avvicinò al suo petto e scostandosi con la mano i capelli poggiò l'orecchio e cercò il suo cuore. Lo sentì.
-Se vuoi chiedermi...
-Sst. Zitto. Non è delle tue parole che ho bisogno. Non voglio sapere nulla.
-Se c'è qualcosa che vuoi chiedermi, fallo.
Non disse niente. Chiuse gli occhi, lasciò che i capelli castani le nascondessero il volto per poi piangere, silenziosamente, piangere. Non sapeva dove fosse stato, non sapeva da dove venisse quell'odore diverso tra i suoi vestiti, non le importava neanche, saperlo. Però piangeva, silenziosamente e nel più dolce dei modi, piangeva e non staccava l'orecchio dal battito regolare del cuore di lui.
-Non piangere...
Punto i suoi occhi bagnati su di lui e gli mise un dito sulle labbra.
-Ho detto, non parlare.
Si avvicinò alle sue labbra e lo baciò. E in quel bacio c'erano così tante cose, che a vederlo, non si sarebbero potute distinguere l'una dall'altra. C'era rabbia, c'era voglia, malinconia, frustrazione, disperazione, dolcezza, si sarebbe potuto distinguere perfino un po' d'amore. Lo baciava e piangeva, e più le lacrime scivolavano dai suoi occhi scuri, lungo la pelle bianca del viso perfetto, più lo baciava, e più quel bacio si riempiva di tutto. Per poi ritornare con l'orecchio ad ascoltare quel cuore, che sembrava battere più veloce, o forse era il suo, di cuore, a batterle così forte nella testa. E piangeva, silenziosamente, piangeva.

mercoledì 5 maggio 2010

Ora dei film western

Ti voglio. Tralasciamo sulla quantità.
Tralasciamo sul come
sul dove
sul quando.
Mentre il perchè mi sembra fin troppo chiaro.
Ti voglio. E basta.