lunedì 26 luglio 2010

Ora dei J.F.

Due parole veloci.
Una è partire.
Partire, rifare la valigia, controllare una due venti volte di non aver dimenticato per lo meno il necessario, dirsi alla fine che è inutile: qualcosa l'avrò dimenticata. Ma non dispero, quello che importa è avere tanta voglia di partire. E quella c'è, eccome se c'è. (Attenzione, terrei a far notare che questa volta non è come al solito Voglia di scappare, bensì Voglia di partire, che è una cosa assolutamente diversa). Per il resto, per adesso ci piazzerei un Chissà, poi al ritorno mi metto con la santa pazienza e racconto (e non vi aspettate che lo faccia in maniera normale Sono stata a Ho visto Mi sono divertita, racconterò, promesso, a modo mio ma racconterò).

[Lascio questo post a metà, mancanza di tempo...uf.]
[A presto]

lunedì 12 luglio 2010

Ora degli sghepsi

Ma questo è -no, non può essere...- un computer?! Oh, da quanto tempo che non vedevo uno schermo, un qualcosa che mi riportasse alla vita, per così dire, moderna!
Credevo di star tornando allo stato brado, al principio (no, niente clava e foglie di fico, grazie...), una vita tra sole aria cielo e terra, quella che si sgretola tra le dita e ti lascia i vestiti sporchi. Passo le mie giornate tra l'erba (l'erba verde del prato, che pensate!?!), a contemplare il cielo e gli insetti, e tutto questo, inaspettatamente, non è poi così male. Non è poi così male riprendere la bicicletta dopo tanto tempo, e riscoprirsi bambina tra le strade di campagna, con le braccia spalancate e il vento tra i capelli spettinati. Tutto questo ha un po' la sua magia. Per non parlare del tramonto, ogni sera, bellissimo, dietro il castagno. E le stelle -tante- viste al buio. Il vento d'estate sulla pelle, la massaia che ti vede e ti sorride Eri alta un metro e uno sputo quando ti ho conosciuta, e adesso?
Non saprei, signora Grazia, davvero, non saprei.
Questi giorni d'estate volano come facevano tempo fa, ed è strano sentire il tempo che è passato, quello che era qui un attimo fa, ritornare vicino all'ulivo, quello più grande e sfiorare con le dita le incisioni fatte da bambini. Un tempo ci salivo, su quell'albero. Guardarsi allo specchio e trovare non più la bambina con le trecce che nello stesso posto, solo in un tempo diverso, guardava lo stesso tramonto, alla stessa ora, con gli stessi occhi gialli pieni di stupore.