giovedì 28 gennaio 2010

Ora delle vecchie bambole

Quella sera ricordo di essere venuta da te con il preciso intento di urlarti contro. Non ti avrei permesso di prendere il sopravvento, ero decisa. Non appena ti ebbi per le mani, mi rimoccai le maniche e cominciai a mettere in atto i miei piani, gettandoti addosso un sacco di parole veloci. Ma tu mi bloccasti le parole in bocca, perchè forse era quello l'unico bastardo modo che conoscevi per non farmi parlare. Mi allontanavo e ricominciavo, ti avvicinavi e il fiume di parole veniva di nuovo interrotto. Quei tuoi maledetti baci. Quelle mie maledette parole. Quei due maledetti noi.

domenica 24 gennaio 2010

Ora dei cioccolatini fondenti

Questa è la seconda donna che incontriamo sul palchetto di un vecchio bar e che spiega se stessa con un monologo. La prima è qui.

Arrivò sul palchetto con il rumore deciso dei suoi passi. Pantaloni rigati e senza una piega, la camicia perfettamente stirata e dentro i pantaloni, sotto una giacca grigia con le spalline. I capelli tirati all'indietro in una coda alta e perfettamente ordinata. Un paio di occhiali scuri. Si sedette sullo sgabello, sempre lì, al centro del palco, sotto la lampadina e la sua luce imperfetta.
"E' morta. Stamattina. Mi hanno chiamato e io l'ho trovata lì, morta. Sì è portata il mio odio nella tomba. "Abbassa lo sguardo.
"L'ho sempre odiata. Perchè non c'è mai stata o almeno credo fosse per quello. E quando c'era, non sapeva far altro che urlarci contro. Urlava finchè non le bruciava la gola. Urlava come urlano i pazzi. E io non le rispondevo mai. Sono sempre stata abituata a non reagire, lei mi puntava addosso quegli occhi vuoti del calore che devono avere gli occhi delle madri, io rimanevo impassibile. E la odiavo. Di quell'odio puro. Non riuscivo a starle accanto, figuriamoci a parlarle. Ma più di tutto, non volevo essere come lei. E più la odiavo, più mi accorgevo di somigliarle. Più crescevo più mi dicevo che sarei stata migliore. Ma guardatemi adesso. Sono uguale a lei. Sempre a lavoro perchè è lì che sono brava e mi sento perfetta. Ma come madre, sono una merda. Mi sono sempre riproposta di riuscire a perdonarla e di parlarle, un giorno, prima o poi. Ma non è bastato il tempo, non sono mai riuscita davvero a perdonarla. Come si può perdonare una madre assente che non sa fare altro che urlarti contro? Non sopporto le persone che urlano, il rumore delle urla mi ferisce. Non sopportavo lei. E l'ho lasciata morire così, con l'odio di una figlia addosso. Con l'odio di una figlia addosso."

sabato 23 gennaio 2010

Ora dei sacrifici

Questa va gustata piano piano, prendendo una frase alla volta...

Quindi superata l'ossessione
Della solitudine e della devozione
Emerge il fabbisogno esponenziale
Di incrementi demografici e di istinto matriarcale
Dopo un silenzio astrale esplodi il quesito
Sul vizio occulto e il desiderio proibito
Mi assale un profano bisogno e preparo la cena
Quando verranno
Gli anni dei ricordi
Ci troveranno ancora uniti e forti
Sereni per quel che noi siamo stati
Per quello che saremo
E ci esercitiamo ad affinare l'equilibrio
Della reciprocità
Sei forte delle tue certezze esatte
Che si esprimono in pretese di stabilità
Riusciamo a mantenere la giusta distanza
Dal rischio quotidiano della ciclicità.
Adesso vieni vicino ti abbraccio che hai freddo alle mani

Quando verranno gli anni dei ricordi ci troveranno ancora uniti e forti sereni per quel che noi siamo stati per quello che saremo...
(Elogio alla sublime convivenza- Max Gazzè)

martedì 19 gennaio 2010

Ora delle rivoluzioni

Ti stringo tra le braccia un po' di più. Come se il tuo corpo, allontanandolo dal mio, perdesse la sua concretezza e svanisse.
A volte ti odio. Ti odio quando i miei piedi freddi la sera cercano nelle lenzuola qualcuno a cui stare vicino, e trovano il vuoto, kilometri e kilometri di lenzuola vuote e non ancora calde.
Ti odio quando lo spazio sotto l'ombrello sembra troppo, senza stringermi a niente per non bagnarmi, kilometri e kilometri di spazio vuoto sotto l'ombrello. Ti odio quando ti vedo addosso tutte quelle parole inutili, quelle che la gente crede sagge e necessarie.
A volte invece, non ti odio. A volte. Non ti odio quando sembri amare e raccogliere i miei attimi di delirio e i miei mille complessi incapibili con la stessa semplicità di sempre, come se fosse la cosa più normale del mondo, piangere e ridere insieme. Non ti odio quando mi dici ciò di cui avrei bisogno senza interpellarmi e dicendomi di tacere. Quando sembri sapere esattamente dove stai andando e perchè, guardando come anormale la mia insicurezza.

Ti stringo tra le braccia un po' di più. Per non lasciarti dissolvere nell'aria. E per farti capire quello che ho dentro.Tutto. Ed è tanto. Tantissimo.

[Titolo a cura di CoB, ma non potevo mica dargli un senso, eh no...]

venerdì 15 gennaio 2010

Ora delle testedormienti

What would be your ideal house?
"Ecco, e ora come si spiega che si vorrebbe una casa stile Locanda Almayer di Oceanomare? Poi in inglese..."
-My ideal house would be near the sea, ma neanche troppo vicina, di quelle che il mare puoi guardarlo senza esserci troppo dentro, senza perderti... finchè lo vuoi, finchè puoi. Sarebbe una vecchia costruzione in legno, con la luce che entra ovunque e dentro ci sarebbe il sapore delle cose Vere, un tavolo con tanti fogli di carta, e appese al muro mille poesie, tanti divani, una sala con un pianoforte a coda, solo, lontano dai vicini che dormono e i bambini che piangono. Ci sarebbe un piano superiore con un letto grande e comodo, e poi una stanza con tante fotografie in bianco e nero. Ci sarebbe una soffitta dove dimenticare le cose e lasciarle impolverare per poi riprenderle. Ci sarebbero tanti cuscini ovunque. E cioccolate calde d'inverno, e tè d'estate, e tappeti e tende. Mi piacerebbe chiamarla Casa. E mi piacerebbe che dentro ci fosse anche un po' di felicità. La mia.

lunedì 11 gennaio 2010

Ora dei quadernetti cinesi

Giusto un appunto. Perchè certi avvenimenti vanno ricordati.

Sera. Cucina di casa. Con fratello di nove anni attaccato al suo Nintendo. Tv accesa su un qualcosa non ricordo cosa su Rai 2. Nessuno dei due seguiva. Ad un certo punto, qualcuno alla Tv dice: "Credevano che non era..."
Il fratello attaccato al suo cosetto, nella più totale distrazione mormora "Credevano che non fosse..." per poi meritarsi un fastidioso bacio sulla fronte che gli fa perdere la partita.
Ora, non mi piace tanto fare polemica, però c'è gente che non può parlare di morte del congiuntivo, di giovani d'oggi che non sanno parlare, che se hai meno di sedici anni è impossibile che tu scriva che con il "ch", siamo figli della tecnologia, io per prima errori grammaticali ne faccio a bizzeffe, ma dico, da chi dovremmo prendere esempio, è possibile che anche nella Tv italiana popolata da italiani, si sentano cose del genere?

venerdì 8 gennaio 2010

Ora del celeste avorio che non ha senso

Era tutto un rincorrersi. Per poi non trovarsi mai e piangersi addosso, ognuno per i fatti suoi. Sarebbe bastato tanto così (indice e pollice tremendamente vicini) e ci saremmo trovati. Ma stavolta non me la sento di maledire la Moira per esser stata così crudele. La sua perfidia sarebbe arrivata a tal punto da svelarmi la tanto (tanto, tanto per davvero) bramata verità solo appena aver smesso di desiderarla così tanto e aver perso la testa per qualche altro mistero impossibile. Sarebbe bastato veramente poco, anche se infondo ne sono uscita, non proprio brillantemente ma uscita, e ora averti senza desiderarti è magnifico. Ma non oso pensare al tempo buttato via. Troppo. Troppo.
La Moira è un essere così perfido e perverso che quasi mi affascina.
-Tutti tu te li scacchi (scegli) gli stronzi e i tipi astratti (molto complicati)!
Ecco.