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giovedì 28 giugno 2012

Ora dei titoli su commissione

Gli sembrò di vederla, tra gli scaffali del supermercato. Lui stava cercando di capire quale dei tanti detersivi per lavatrice fosse quello richiesto dalla lista e la vide, di spalle, che girava nel corridoio affianco. Lasciò tutto ciò che aveva per le mani e accellerò il passo, era felice,  e si ritrovò delle lacrime sulle guance, senza ben sapere come, né perché. Si affacciò nel corridoio affianco e no, non era lì. Andò più avanti e la vide, sempre di spalle. La raggiunse, e solo quando le fu vicino, così vicino da poterne avvertire l'odore, si sentì uno stupido. Perché non era lei, perché non poteva, essere lei. Si guardò intorno, si sentì perso. Le due file di scaffali del reparto Accessori per il bagno nascondevano le lacrime di uomo perso. La signora si girò, si accorse di quelle lacrime. Accennò un sorriso. 
Lui rimase immobile, pensò come sia difficile rendersi conto, davvero, della morte. Pensò che abituarsi, fosse una cosa orribile. Pensò che in fondo fosse meglio così, intravederla in un supermercato e correre da lei, che ricordare il suo volto dolce e un filo di perle al collo, lì stesa con le mani congiunte ed un fiore tra le dita. 

giovedì 14 giugno 2012

Ora dell'acqua e dei fiori

Ti urlai Baciami. Nel più infantile dei modi.
Non lo sentisti.
Tutto sommato era comprensibile. Era dentro, che urlavo.
Ti urlai Baciami e tu non lo facesti.
Un po' piansi.
Ma tu non lo vedesti.
Tutto sommato era comprensibile.
Era dentro, che piangevo.

venerdì 4 maggio 2012

Ora del paracetamolo

Aveva un vestito di cotone celeste, e dei capelli neri al vento che le scoprivano a tratti il collo e le spalle. La vecchia la vide seduta sul muretto davanti alla sua casa, davanti a lei una distesa di scogli, e poi il mare. C'era quella luce bluastra che lascia il sole tramontato da poco, ombra, non buio. Quella luce strana, del pomeriggio che non decide a diventare sera una volta per tutte e lascia il mondo sospeso indeciso se accendere la luce o meno. La vecchia andò in cucina e prese un bicchiere di latte tiepido. Le si avvicinò senza dire niente. Lei continuò a guardare fisso il mare. Nessuna parola.  Evitarono gli sguardi sospetti e le parole inutili, forse perché i giovani e i vecchi le evitano, le parole inutili che si scambiano gli sconosciuti. La vecchia le porse il bicchiere di latte. Con una voce sottile, piano, di chi sa esattamente ciò che vuole dire, prima di rientrare in casa, disse Il mare, a quest'ora, fa male.

martedì 24 aprile 2012

Ora delle terre lontane

Una ragazza dal maglioncino a righe, i capelli scuri e ricci sulle spalle, e l'aria felice. Parlava al pubblico, ricordo che cominciai ad ascoltarla, ma mi persi. Qualche parola, non ricordo quale, mi portò via. Capita così, ti ritrovi in altri mondi senza accorgertene e senza sapere nemmeno come hai fatto ad arrivarci. Maledette parole! Uno magari vuol sentire una cosa e no, una parola, una sola, se lo porta a spasso nella giungla dei pensieri, fregandosene altamente della sua voglia di ascoltare. Non ricordo tra quali pensieri mi persi. Ricordo però che quando tornai in quella stanza lei stava alzando gli occhi sul pubblico, e concludeva con una sola frase, semplice, dall'aria felice. Un sorriso sottile tra le sue labbra. Disse Amare non è mai una cazzata.
Disse.
Amare, non è mai, una cazzata.

giovedì 19 aprile 2012

Ora delle pieghe e delle piaghe

Cosa resta? Cosa resta, quando crolla ogni stabilità, ogni dolcezza? Cosa resta quando si frantuma ogni sicurezza?
Si resta soli. Soli, e indifesi. Nel fango del mondo. Soli e indifesi, inutili, incalcolabili.
Si resta deboli, sfiniti, a piangersi addosso.
Restano le briciole. Restano cuori e coscienze da trascinarsi dietro, fardelli.
 Restano paure da indossare sotto i vestiti.
Resta il sottile terrore del vuoto e del buio, solo che questa volta nel vuoto e nel buio non c'è nulla che assomigli al corridoio della vecchia casa di tua nonna, o all'armadio di legno di fronte al tuo letto, così inquietante, la sera.
 Questa volta il vuoto e il buio, lo sono per davvero. E annidati come cancro dentro i corpi, a cibarsi delle tue speranze.
Uscirne illesi, manco a pensarci.
Resta il riflesso di un corpo, il tuo, nudo davanti allo specchio, scoprirsi adulto ed avvertire il peso della propria esistenza sulle gambe, mai come ora in piedi da sole.
Restano ombre di abbracci che non scaldano, non salvano più.
Resti tu, solo e terrorizzato.
Resta il freddo gelido di parole che non confortano, sguardi che non amano.
Resta lo smarrimento, restano troppi dubbi.
Persi.  Solo che questa volta non c'è nessuno, a prenderti in braccio e riportarti a casa.
Questa volta, è la vita vera.
La vita vera, è ciò che resta.
Si resta soli e indifesi a tenere per le mani la propria vita.
E pesa.

sabato 7 aprile 2012

Ora del vino

Quanta nostalgia nei suoi gesti lenti e precisi. Era tempo che non provava quella dolce sensazione che provocava lo sguardo di sua nonna, comprensivo, complice, bastava cercare i suoi occhi e lei già sapeva tutto quello che c'era da sapere. Forse anche qualcosa in più. 

Marinaio che ha perso la rotta, quella casa per lui era terra e salvezza.  Nulla e nessuno avrebbe più potuto fargli del male. Il vapore del piatto fumante sul suo volto.

 Quella ricerca di calore. Ritrovare le sensazioni di un tempo è per gli uomini un'assicurazione contro la solitudine. Cercare un posto che abbia il sapore dolce dell'amore incondizionato, dell'accettazione, della presenza. Della presenza, quella Nonostante tutto. La sacralità degli stessi odori, degli stessi sapori, delle stesse cose, per sfuggire dal resto, che cambia. 

La sicurezza di potersi rifugiare in una terra che è sempre uguale. Solo per l'ebrezza di appartenere, di non essere solo, di avere collocazione nel mondo. 


domenica 25 marzo 2012

Ora delle carote

Cannella.
Ricopre i pensieri nel sole del mattino.
Sapore acre di terre in attesa.
Pizzica sulle labbra,
come i desideri.
Risveglia i sensi dal torpore
dell'inverno...
Riaffiorano vecchi difetti
e malinconie nascoste nel tentativo di non trovarle più
ma, riaffiorano solo
per farsi distruggere.
Cannella.
Occhi e stelle che brillano di luce nuova.
Voglie.
Desideri atavici.
Riscatto.
Cannella. Ecco che sapore ha questa primavera.

martedì 14 febbraio 2012

Ora delle ringhiere

Pensava che ogni traccia di lei nella sua vita, fosse stata accuratamente messa da parte.
Non eliminata- le persone mature non eliminano i ricordi, li superano. Lui pensava di averlo fatto.
Fu l'elenco telefonico a tradirlo. Non ci si può fidare proprio di niente!
Lo tradì nascondendo una foto, che un giorno, prima o poi sarebbe capitato, rispuntò.
Ricordava quella mattina, ne ricordava il sapore di pace e perfezione. E luce, sparsa sulle lenzuola bianche.
Aspettò in silenzio che lei si svegliasse, guardandola dormire e respirare.
Quando fu sveglia gli disse di non muoversi, allungò le mani sul comodino verso la macchina fotografica.
Una foto in bianco e nero, le sue spalle e i suoi capelli e la luce e le lenzuola di quella mattina d'estate. La felicità. Aveva una luminosità precisa.
Pensava che ogni traccia di lei nella sua vita, fosse stata gentilmente messa da parte. No, non eliminata, le persone mature non eliminano i ricordi, li superano.
E lui, pensò,
evidentemente non era ancora pronto per farlo.

domenica 29 gennaio 2012

Ora delle penne verdi

Ancora con le labbra che sapevano di cioccolata, camminavamo vicino al porto, l'una di fianco all'altra. Fino ad arrivare a quella che costituiva la fine del percorso, i massi che impedivano di guardare oltre.
-C'mon!
Mi dicesti, e inizialmente pensavo stessi scherzando, ma cominciai ad avere qualche dubbio quando cominciasti a scalare i massi. Il tuo corpo esile, sottile, che si arrampicava con leggerezza lì sopra. Mi stavo chiedendo se anche lì il numero delle emergenze fosse 118 e cosa, avrei dovuto esattamente dire.
Ti girasti, e aggrottasti le sopracciglia quando constatasti che no, non ti stavo seguendo.
-Follow me!
Sì, una parola. La parola: fifona. Ma niente, non sapevo come spiegartelo in quella lingua. E così presi coraggio e cominciai ad arrampicarmi anch'io. Tremante di paura come sempre. Vedendomi perdere l'equilibrio mi tendesti la tua mano sottile. Ora, non ho mai pensato di essere grassa, ma certo saremmo cadute entrambe se l'avessi presa. Qualche metro più in là, decisi che non sarei andata oltre, mi sedetti.
Ne era valsa la pena, l'oceano freddo del nord recitava la sua cantilena davanti ai nostri occhi. Mi facesti segno che avresti proseguito un po', e vidi le tue gambe minute saltellare di masso in masso.
Era come avere una posizione privilegiata rispetto al mondo, lì, sull'orlo dell'isola, davanti all'oceano e a quel suo essere così- diverso.
Ti sedesti al mio fianco. Solo l'oceano, a parlare.
Lacrime sottili sui tuoi occhi nocciola, e un ciuffo di capelli rossi impiastricciato sulla tua guancia.
Come avrei potuto parlarti? Non distolsi lo sguardo, quella mancanza di parole ci aveva insegnato ad osservarci e a conoscerci per tutto il resto. Se avessimo parlato la stessa lingua, non ci saremmo conosciute così bene. Complicità. In una maniera che- mai avrei pensato. Chissà, chissà cosa avrà pensato l'oceano, guardandoci. Sapendoci esploratrici insoddisfatte dell'acqua putrida del porto, lì uniche spettatrici.
Un pianto leggero, come te, leggero.
Puntasti il dito all'orizzonte e dicesti Laggiù c'è casa tua, girasti il braccio a sinistra e Laggiù c'è casa mia, da qualche parte.
Cercai di dirti che casa può essere qualsiasi cosa. Ma molto probabilmente non capisti.

sabato 21 gennaio 2012

Ora delle piastrelle

Fuori dal finestrino ogni cosa era tinta di nero mentre il cielo bruciava di arancio del tramonto. Lei si sistemò nel ventre del treno, mentre l'Italia scorreva fuori, e la riportava a casa. Mancavano solo sei ore. Solo sei ore. 
All'inizio erano solo lacrime sottili, poi divenne pianto. Non fece rumore, un uomo sulla cinquantina dormiva sul sedile di fianco.Era ben vestito e odorava di dopobarba. 
 Lasciò che le lacrime scivolassero lente via dai suoi occhi.
 Lo sguardo fisso fuori, mentre la pianura scivolava via insieme al sole.  
Un ragazzo sulla ventina di fronte a lei le fissava le guance umide. 
I treni sono esseri pieni di nostalgia. Filtra dai sedili, dalle luci sul soffitto, dai vetri sporchi dei finestrini. 
Il suono, del treno, rende nostalgici. Tu-tum. Tu-tum. 
Perchè sei a centimetri di distanza tra la gente, e sei solo. 
Cercò di distrarsi guardando la gente, e giocando a tentare di capire quali storie si portavano addosso. 
Scorse un abbraccio qualche sedile più in là. 
E cedette di nuovo alle lacrime. 
Finchè, esausta, non si addormentò. 

venerdì 18 novembre 2011

Ora dei tappi

Il vento accarezzava le rughe del vecchio, seduto ad assaporare un tramonto arancio del nuovo inverno.
Chiuso nel silenzio più profondo della sua affascinante saggezza.
Esiliato in qualche storia.
Di tutti i tramonti del mondo, quello visto da un balcone del terzo piano alla periferia di una cittadina senza capo nè coda, non è certo il migliore.
Eppure era lì, perso in qualche sfumatura.
Come se in tutti quegli anni, lasciati sui solchi del suo viso e delle sue mani, non ne avesse potuti vedere di migliaia, di tramonti.
Migliaia. Di tramonti.
Forse li collezionava. Forse era impazzito. Forse aveva dimenticato tutti quei tramonti.
Forse.

Lei uscì in balcone. Silenzio. Si avvolse nello scialle e gli si mise vicino.
Lui baciò la sua mano di moglie, di madre, di nonna.
Si sorrisero.

Forse non ci si può abituare. Forse è impossibile non stupirsi più, dopo migliaia di tramonti, davanti all'arancio vivo di un cielo o alla presenza silenziosa di un amore.
Forse.

lunedì 24 ottobre 2011

Ora degli oratori

Pioveva. Piove sempre quando si è tristi. O si è sempre tristi quando piove.
Probabilmente.
Non aveva l'ombrello. Piove sempre quando non si ha l'ombrello. O non si ha mai l'ombrello quando piove.
Probabilmente.
Si rifugiò tra quelle pareti.
Liberò i piedi, gelidi, e le gambe, e si avvolse nel plaid.
Andò in cucina, accese il bollitore,
aprì la credenza dei tè.
Non quello bianco, semplicità, non quello verde, determinazione, non quello alla vaniglia, dolcezza.
Ma quello nero, per sciogliere l'amarezza.
Tè nero.
Si sedette davanti alla finestra, davanti alla pioggia, al suo richiamo, al suo invito.
Pioggia che abbraccia e consola.
Non pianse. Lasciò che la pioggia lo facesse per lei.
Pioggia, come tè nero, che porta via l'amarezza.
Quante volte aveva lasciato che le sue amarezze scivolassero
via
con l'acqua sporca per le strade.
Quante volte aveva lasciato i suoi segreti alla pioggia. Alle sue lacrime.
Portò la tazza alle labbra-vuota.
Ne cercò ancora l'ultimo calore.
Un'ombra di tè nero.
Un'ombra di pioggia.
Un'ombra delle pareti interne della sua anima.

domenica 2 ottobre 2011

Ora delle foto sfuocate

Passerà tempo, e forse il mio ricordo scivolerà via dai tuoi pensieri, sbiadendo come l'intonaco esposto al sole, come Crono che ingurgita i suoi figli, Tempo crudele, salvifico per i passati da buttare via e distruttore di ciò che di bello c'è stato...e che continua ad esistere in noi, in quello che siamo diventate, o che diventeremo.
Passerà tempo, e rimarremo forse ricordi vaghi dal sapore dolce, di un tempo di cui avremo nostalgia, pur essendoci dimenticate il perchè. 
Perchè non ci si può sottrarre alla legge del tempo, lo sapevamo, lo sapevamo anche quando abbiamo deciso di volerci bene, nonostante ci fosse una scadenza, netta, nera.
Passerà tempo e ti mancherò sempre meno, fino a vivere in un angolo dei tuoi ricordi.
Sarò un'immagine, sarò parole, sarò sorrisi e pensieri, forse sarò una canzone, chissà. Perderò ogni essenza corporea. Fino a diventare quasi nulla. Quasi. Nulla.
Passerà tempo e ti dimenticherai, di quel nostro ultimo abbraccio, forte, con gli occhi velati, alla fermata del mio bus. 

lunedì 5 settembre 2011

Ora dei safari

Si liberò dei vestiti e cercò l'angolo tra la nuca e i capelli, e respirò a fondo.
Vino e cannella. Un'ombra di fumo. Sciolse i bottoni della sua camicia e sfiorò il suo petto, cercandone i segreti, mettendo la mano in ascolto sul cuore.
Sui loro corpi giocava la fioca luce di un faro e quella della luna, tra le fasce d'ombra delle colonne del portico.
...la schiena sulle fredde pietre lisce... un lungo bacio al sapore di vino e cannella...
...le mise le mani sui fianchi, li sentì estranei, diversi... non riconosceva l'odore del suo collo e le pieghe dei suoi sorrisi...
Lei aprì gli occhi e la vide, lì in piedi, immobile. Cercò gli occhi di lui. Lui, stretto in quell'abbraccio adesso così ingiusto, così insensato, insipido.
Non si era mai accorto di come fosse bella. Le guardò gli occhi castani, lucidi di dolore.

Vino e cannella bruciano nella bocca.
Frecce di ricordi tagliano la testa.
Perchè l'ossigeno non finisce adesso?
Vino e cannella
corrodono
le rose bianche
al sole di primavera.


giovedì 25 agosto 2011

Ora dei bracciali di legno

Ombra delle rocce, stamattina. Il sole qui non ha ancora riscaldato la sabbia. Nascondo la parte interna del ginocchio.
Ancora non si è cicatrizzata bene. E' orrenda.
Non è molto tempo che ho imparato a conoscere e accettare il mio corpo, come donna. Non è troppo tempo che ho scoperto il dono lieve della femminilità, tra le mie curve imperfette, le smagliature, quel filo di cellulite.
Non ho mai aspirato alla perfezione, ma nessuno potrà mai ridarmi la pelle liscia e immacolata della parte interna del mio ginocchio.
Rabbia. Guardo la ferita e rabbia.
Si cicatrizzerà. Rimarrà un segno. Un ombra scura. Un fantasma.
I segni dei punti sotto l'ombelico non hanno importanza. Almeno loro hanno un perchè.
Si cicatrizzerà. Ma avrà sempre quel sapore amaro.
Vorrei che le tue carezze potessero guarirla per sempre.
No, non è possibile.
Capiscimi adesso, se mi bruciano gli occhi, quando tra i tuoi abbracci mi guardi e mi sussurri
Sei bellissima.

domenica 29 maggio 2011

Ora dei castelli

Lasciò che il sole scendesse giù e lasciasse il tutto avvolto nella luce bluastra che precede il buio. Spense la sigaretta e rientrò dentro casa, mise un vecchio cd di Gram Parsons e si infilò sotto la doccia, sperando che tutta l'amarezza potesse scivolargli via. Aveva calcolato tutto, il tempo di finire la doccia e avrebbe fatto giusto in tempo a togliere il cd, prima che arrivasse quella canzone che non aveva voglia di ascoltare. Non ne era immune. E ne era cosciente.
Ma l'acqua aveva portato via i suoi pensieri e appena mise un piede fuori sul tappeto, eccola.
Rimase l' immobile, nudo e grondante d'acqua, e cominciò a piangere. E quelle note tanto temute scivolavano via e lo abbracciavano, lo prendevano piano prima da dietro la schiena. Non credeva di piangere. Eppure eccolo là, diceva lo specchio, un fallito che piange nudo sul tappeto, non appena sente Love Hurts.

mercoledì 20 aprile 2011

Ora dei body builder

Sono un pittore.
Quando la gente mi chiede cosa io faccia nel mondo, rispondo
Sono un pittore.
E' vero, io dipingo le cose. Le persone. Sì, anche gli animali.

Poi ti ho vista.
E come un pittore la prima cosa che ho fatto è dipingerti. Fermarti per sempre viva in una tela.
Le tue caviglie sottili e le gambe.
Ho dipinto il tuo ventre e il tuo seno.
Ho dipinto il tuo sguardo e le tue labbra rosse
dischiuse, come se stessi per parlare.
Come se stessi per parlarmi. Per sempre.

Eri lì perfetta,
sei qui perfetta.
rimarrai perfetta.
Ma in un mondo alieno.
Vorrei essere carta solo per amarti così.
In un mondo alieno.
Vorrei essere carta per vedere le tue labbra dischiuse per parlarmi. Per sempre. Per davvero.
Vorrei essere carta
ma la carne mi tocca
e tu non sei per me
se non in un mondo alieno.

giovedì 31 marzo 2011

Ora delle malattie

Lei era quella che tutte volevano essere. Era come il vento, imprendibile. Libera. Da tutto e tutti. Bastava guardarla da lontano e lo vedevi, da come portava il suo corpo, fiera.
Non era di nessuno. Non voleva essere di nessuno.
Come il vento. Aveva trovato la soluzione alla vita.
Correre.
Scivolava tra le sofferenze della vita con la stessa sinuosità con la quale scivolava tra le pieghe delle lenzuola, nuda, la notte.
Non le importava. Di nulla.
E in questo stava la sua bellezza invidiabile.
Perchè lei era libera da ogni maniacale ossessione. Libera dalla tristezza cronica dell'anima.
Sembrava libera da ogni sofferenza, libera da tutto,
persino dalla morte.

giovedì 24 febbraio 2011

Ora dei rifugi

[Ritorno a scarabocchiare dopo un periodo di silenzio\studio\tendinite alla mano destra. Ma, rieccomi qui. Con qualche storia di arretrato. E qualcuna andata persa per la mano che non poteva lasciarla al mondo. Non immaginate la frustrazione di non potermene liberare, delle storie in testa, alcune sere. Ma tutto è passato. E sono finalmente di nuovo qui.]

Per dare una forma ai pensieri- i ciottoli sulla riva del mare in inverno.
Per dare una forma ai pensieri- le assi di legno delle barche nel porto.
Per dare colore ai pensieri- l'azzurro della linea azzurra nell'infinito.

Avevo bisogno. Del mare.
Avevo bisogno di un appiglio di serenità nel caos, che tutto prende, fuorchè il mare.
Il mare è una cosa, vedi, che tu proprio non puoi non amare.
Non puoi non avere bisogno del mare, così come uno che ama, non può non aver bisogno.
Respirare l'aria pungente, lasciare che il vento ti avvolga e immergere gli occhi - un attimo dopo averli lasciari scorrere sul pelo dell'acqua.
Lasciare i pensieri lì dove non c'è tempo, nè forse, nè caos.
Lì dove la tua vita ti cade di dosso.
E non puoi fare nient'altro,
in inverno, davanti al mare,
nel vento freddo e in un sole assente,
che lasciare che il mare
ti entri dentro
di nuovo
e riscoprire ancora quell'eterno
amore.

venerdì 4 febbraio 2011

Ora dei Sunday kind of love

Arrivò a casa e si sfilò le alte scarpe a punta, si sciolse i capelli e si stese sul divano con un bicchiere di brandy.
Ella Fitzgerald cantava It's a pity to say goodnight e lei, lì distesa ad occhi chiusi sul divano, la accompagnava con un leggero movimento dei fluenti capelli vaporosi e profumati. La notte e la sua solitudine scivolavano leggere su di lei.
Cominciò a muoversi piano, a ballare silenziosamente e dolcemente, con ancora il bicchiere nella mano destra e li occhi chiusi.
E finì davanti alla finestra spalancata nella notte fredda e silenziosa, e la canzone finì, con un interminabile
Give me a goodnight kiss.