domenica 29 gennaio 2012

Ora delle penne verdi

Ancora con le labbra che sapevano di cioccolata, camminavamo vicino al porto, l'una di fianco all'altra. Fino ad arrivare a quella che costituiva la fine del percorso, i massi che impedivano di guardare oltre.
-C'mon!
Mi dicesti, e inizialmente pensavo stessi scherzando, ma cominciai ad avere qualche dubbio quando cominciasti a scalare i massi. Il tuo corpo esile, sottile, che si arrampicava con leggerezza lì sopra. Mi stavo chiedendo se anche lì il numero delle emergenze fosse 118 e cosa, avrei dovuto esattamente dire.
Ti girasti, e aggrottasti le sopracciglia quando constatasti che no, non ti stavo seguendo.
-Follow me!
Sì, una parola. La parola: fifona. Ma niente, non sapevo come spiegartelo in quella lingua. E così presi coraggio e cominciai ad arrampicarmi anch'io. Tremante di paura come sempre. Vedendomi perdere l'equilibrio mi tendesti la tua mano sottile. Ora, non ho mai pensato di essere grassa, ma certo saremmo cadute entrambe se l'avessi presa. Qualche metro più in là, decisi che non sarei andata oltre, mi sedetti.
Ne era valsa la pena, l'oceano freddo del nord recitava la sua cantilena davanti ai nostri occhi. Mi facesti segno che avresti proseguito un po', e vidi le tue gambe minute saltellare di masso in masso.
Era come avere una posizione privilegiata rispetto al mondo, lì, sull'orlo dell'isola, davanti all'oceano e a quel suo essere così- diverso.
Ti sedesti al mio fianco. Solo l'oceano, a parlare.
Lacrime sottili sui tuoi occhi nocciola, e un ciuffo di capelli rossi impiastricciato sulla tua guancia.
Come avrei potuto parlarti? Non distolsi lo sguardo, quella mancanza di parole ci aveva insegnato ad osservarci e a conoscerci per tutto il resto. Se avessimo parlato la stessa lingua, non ci saremmo conosciute così bene. Complicità. In una maniera che- mai avrei pensato. Chissà, chissà cosa avrà pensato l'oceano, guardandoci. Sapendoci esploratrici insoddisfatte dell'acqua putrida del porto, lì uniche spettatrici.
Un pianto leggero, come te, leggero.
Puntasti il dito all'orizzonte e dicesti Laggiù c'è casa tua, girasti il braccio a sinistra e Laggiù c'è casa mia, da qualche parte.
Cercai di dirti che casa può essere qualsiasi cosa. Ma molto probabilmente non capisti.

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