domenica 31 maggio 2009

Ora dei cinque e mezzo

Eudè sapeva di loro due. Sapeva perchè si sapeva, e chi non lo sapeva l'avrebbe saputo tra poco. Lo sapeva sin dall'inizio. E all'inizio aveva accolto la notizia con un sorriso ebete stampato in faccia. Ma non le aveva fatto così male, insomma, c'era da aspettarselo. Finalmente pensarlo non le faceva più male, e c'è da dire, che era anche contenta per loro. Forse perchè nella sua testa c'erano altri pensieri, forse perchè era troppo impegnata a capire se stessa, che ormai il loro era diventato un fatto come un altro.
Poi, un giorno, era in giro con lui -lui classificabile come migliore amico- e li vide. E al vederlo avvinghiato a lei in quel modo, il suo cuore fece un balzo. Uno solo, OP. E poi ritornò al suo posto. No, Eudè non se l'aspettava mica di reagire così, lei lo sapeva da un bel po', lei era felice per loro, lei aveva altre cose per la testa, il suo cuore non poteva farle degli scherzi così. Un balzo, uno stupido balzo. Lo guardò per un'ultima volta mentre la avvolgeva totalmente, poi prese la mano amica, e se ne andò.

Ebbene sì, sono tornata. Cosa? Chi ti voleva? Ma smettetela! Anzi, vi dirò di più, ho ricevuto i complimenti per il racconto erotico. A quanto pare è piaciuto. Come si può notare il blog non è cambiato di una virgola, avevo fatto un tentativo, ma assomigliava ad una navicella spaziale celestre e quindi niente, blu, amen. Ho provato anche con una specie di effetto antichizzato, e stava proprio bene, ma non mi sentivo a mio agio, ecco. Voi comunque continuate a proporre. Vedrò cosa posso fare. Bene, come avete notato, ricomincio a scrivere parlando di Eudè, anche se secondo me questo post non rende tanto, e chiedendomi perchè, la risposta che ho trovato è che renderebbe meglio in prima persona. Oh, cavolo, quanti righi di note! Basta, ora la smetto. A domani.

lunedì 25 maggio 2009

Ora dei fallimenti e dei falliti

Per qualche giorno non scriverò. Ecco, volevo solo avvisare. Poi avevo voglia di cambiare soprannome e i colori del blog. Se vi viene qualcosa in mente, ditelo e ne terrò conto. A presto.

domenica 24 maggio 2009

Ora delle cascate di cioccolato

Ricordo la forza e la delicatezza delle tue mani sui miei fianchi quando mi portavi a te. La volontà del mio cuore di allontanarti e l'incapacità di non assecondarti. E poi il calore e il profumo del tuo corpo e il freddo e l'odore di un divano di pelle. Un filo arancio del tramonto in mezzo al buio del salone deserto sembrava squarciare le scure tende pesanti e impolverate. L'eleganza di un nero pianoforte a coda di vernice che acconsentiva silenzioso la nostra presenza e rimaneva immobile ai nostri sospiri che echeggiavano nella sala. La mia pelle pallida e calda sul freddo divano scuro, le tue mani che scorrevano su di me e le mie labbra che cercavano il tuo calore, sfiorandoti. E le tue labbra che desideravano conoscere ogni centimetro del mio corpo e il sentirmele addosso ovunque, quelle tue labbra. E poi le tue dita che premevano e le mie mani che afferravano le tue spalle, mentre cercavi di soffocare i miei gemiti baciandomi. I segni delle mie dita sulla tua schiena. Poi mi prendevi e mi poggiavi sul pianoforte, mi bloccavi i polsi con le tue mani, con la stessa forza di quando si tiene in mano un uovo, ed i miei talloni sulla tua schiena. Avrei voluto essere amata e desiderata così per sempre.
E poi rimanere abbracciati a sentire il battito dei nostri cuori, mentre il giorno fuggiva e il tramonto si spegneva.

Alla fine eccolo quì.

sabato 23 maggio 2009

Ora delle urla nella notte

Non pubblico il racconto erotico citato ieri perchè ho altro per la testa. Lo pubblicherò quando mi andrà, se mi andrà. Lo so che non gliene frega niente a nessuno, ma prego, lasciatela solo più sfogarsi.

Alla gente che parla e ride laggiù non serve altro, sono felici nel loro mondo, con la loro perfezione, con le loro risate e con il loro ronzio rumoroso, chiassoso, fastidioso e orribile. Vorresti ucciderli tutti quanti, li odi, perchè loro non sanno, oh no, non sanno che avresti solo voglia di silenzio, solo voglia di buio e silenzio, di pace, di quiete. Ma loro no, ti invadono la testa con la loro corsa frenetica della vita, non sai come liberartene, li vuoi scacciare via dalla tua testa. Ti fanno male, non riesci a sopportarli. E il bicchiere che cade con il suo tin tin non fa che darti l'ennesimo colpo. Ma loro che ne sanno che lassù ci sei tu ad aver bisogno di buio e silenzio, loro che ne sanno che stai soffocando dal caldo e che soffri di pressione bassa, loro che ne sanno che non puoi aprire la finestra perchè la puzza dei loro panini o patatine o piadine o frittura e quant'altro ti fa schifo, ma non puoi neanche soffocare. Loro che ne sanno che li vorresti uccidere uno a uno con le tue mani? Probabilmente niente. Loro non sanno delle tue lacrime. Loro non sanno. Ed è meglio così. M tu intanto piangi, per tutto, per niente, perchè sei nervosa e fai i capricci, perchè le persone che in quel momento vorresti fossero con te a lasciarti sfogare come sempre non ci sono. Vaffanculo a chi ti porta via la spalla su cui hai pianto per otto anni, vaffanculo ai candidati sindaci che sbraitano, vaffanculo alle canzoncine del Pdl, vaffanculo a chi ti tratta come un vecchio straccio da buttare solo perchè gli hai permesso di conoscerti bene, come non l'hai permesso a nessun altro. Vaffanculo a tutti e tutto, non ho bisogno di pietà, compassione e paroline dolci. Avrei bisogno solo di un abbraccio sincero, senza "povera piccina", avrei bisogno di sentirmi apprezzata per quello che sono, non per quanto soffro o piango o per quello che scrivo. Avrei solo bisogno di buio.

venerdì 22 maggio 2009

Quarta matrioska- Rinascita

Lo so, lo so, sono un po' in ritardo con la matrioska. Ma, eccola quì. La prima parte la trovate qui. Che dire... spero piaccia almeno un pochino pochino.

Quello di uccidere, era solo un vizio. Così, "tanto per". C'è chi fuma, c'è chi beve, c'è chi scrive, e lui uccideva. Quando era piccolo, guardava con ammirazione la vetrina di armi in casa sua, collezione del suo vecchio. Ma era proibita. E come tutte le cose proibite -si sa- è allo stesso tempo affascinante e provocante. E così, ormai ragazzo, quando nessuno era in casa, apriva la vetrina e -con gli occhi luccicanti- sfiorava quelle spade e quei coltelli, e il bellissimo stiletto bianco. Cresciuto, morto il padre, ereditò la collezione. E così cominciò a uccidere, le prime volte per caso, ma poi -ma poi- ci prese così gusto che non seppe più smettere. Trovò anche la maniera per farsi un po' di soldi. Ora, c'era il fatto che era umano. E come tutti gli umani, anche la sua anima non poteva sopportare tale segreto e tante anime innocenti. Intorno a se vedeva il vuoto, e poi una luce, debole. Le uniche persone che potevano salvarlo erano: Sua madre, sua sorella. E così, in un giorno di primavera, svelò tutto alle due. Il risultato? Il pianto disperato di una madre gettata alle sue ginocchia e una sorella svenuta sul pavimento. Se ne andò, via, lontano, scappò.

"Eccomi". Tre paia di occhi che si cercavano a vicenda.
-Io la voglio fare finita. In 'culo la vita, in 'culo i soldi, io me ne vado.
E lo stiletto bianco in mano. E il riflesso del tramonto sul mare. E una mano pallida e senza forze che blocca il tutto.
- Adesso basta. Basta col sangue, basta con tutto, di vita ne è già andata via abbastanza.
Stiletto nella sabbia. E lacrime sul ventre materno.
Il futuro incerto, senza più squilibri, senza più oscillazioni. Ma tanta paura ed un'anima macchiata di sangue incancellabile. Il passato riconosciuto come tale. Ed il presente. Il perdono. Le speranze e l'aspirazione alla felicità. L'uomo perfetto aspira alla felicità almeno quanto Andreas. Sono davvero diverse due motivazioni che perseguono lo stesso fine?


Ah, quasi dimenticavo una cosa che non c'entra nulla ma che volevo dire: stamane ho scarabocchiato un piccolo racconto erotico che avevo intenzione di mettere quì sopra stasera. Ma, poi, dunque, però ho cambiato idea e ho scritto la matrioska. Se domani mi va, ve lo publico, intanto, ve lo anticipo così...

giovedì 21 maggio 2009

Ora delle capre che fanno il palo nella banda dell'ortica

Lo schiocco delle dita a tempo e la testa che passa veloce da sinistra a destra facendo svolazzare i capelli. E gli occhi chiusi. Dimmi che posso chiudere gli occhi anch'io e sentire la libertà che senti tu. Dimmi che posso cantare fino a che non mi sarà finita la voce. Dimmelo.

mercoledì 20 maggio 2009

Ora dei nastri blu

Cretinate adolescenziali che avrei voluto evitare. Ma chicavolosenefrega.

Un vecchio e basso tavolino di legno, il buio e una candela. E quattro donzelle sedute per terra attorno al tutto.
- Io e il mio ragazzo ideale, facciamo l'amore sulla spiaggia al tramonto.
-Il mio ragazzo ideale mi fa trovare le rose sul banco di scuola.
- Il mio ragazzo ideale deve venerarmi da mattina a sera... e tu, Eudè?

- Il mio ragazzo ideale non esiste. Ma, a parte tutto, vorrei solo che mi sappia baciare sotto la pioggia.


martedì 19 maggio 2009

Ora dei sognatori ottocenteschi

Devo esternare in qualche modo le mie vecchie ossessioni lasciate sul fondo di un vecchio cesto di giocattoli. Non è la prima volta che lo faccio, e so che non sarà l'ultima. Non è da molto tempo che ho imparato a guardarmi indietro senza permettere che la mia anima sanguinasse ancora. Ma da te... da te di tempo ne è passato eccome. Sai, se ora sono così, forse è solo colpa tua. Se ho cominciato troppo presto a capire che la vita non è altro che una continua corsa verso la morte, se ho cominciato troppo presto a guardarmi attorno e a capire che non c'era nessuno, se ho cominciato troppo presto ad immaginare la morte come una nera danzatrice dalle labbra fredde. E a desiderare le sua labbra sulla mia fronte, senza mai avere il coraggio di guardarla in faccia. E la bambina dalle trecce bionde che sfiorava le pagine di un Dostoieskij poggiato su un comodino, perchè tanto nessuno si sarebbe preoccupato. E poi Goethe. E poi la distruzione totale. Se sentivo la mia anima sanguinare, se nascondevo le ferite dentro una vecchia agenda, se ho cominciato ad avere paura di tutto, è solo colpa tua. E tu lo sai bene, benissimo. Ma ora, sai, ora ho imparato a conoscermi, ad ammettere le mie paure, le mie debolezze, i miei desideri, ho imparato ad urlare a modo mio, davanti a un foglio di carta o un pc. Magari non del tutto, magari sono ancora intenta a ricucire le ferite e a stringere i denti, ad illudermi e distruggermi. Concludo augurandoti buona fortuna, ma non ne hai bisogno, perchè hai intorno a te persone che ti amano. Auguri a te, alla tua lei, alla tua migliore amica e alla vostra felicità. Questo è solo un pezzo di quello che ho dentro, scritto solo perchè, se morissi adesso, forse ti guarderesti un attimo dentro e vivresti appieno la tua felicità.

lunedì 18 maggio 2009

Ora degli incastri (non riesco a trovare sinonimi)

Post leggerissimo previsto per il Sabato mattina. Lo so, è Lunedì, e non ditemi che vado un po' in ritardo, perchè forse sono già proiettata verso il fine settimana che viene. L'altro post leggero parlava di tette, questo post di mollette.

Uno dei balconi di casa mia, si affaccia su un atrio. Ed essendo all'angolo, dista pochissimo dal bacone della mia vicina. Ora, si deve sapere, che la mia vicina è una maniaca dell'ordine. L'altro giorno stavo stendendo il bucato sul balcone in questione, quando osservo il bucato steso sul balcone vicino. Maglietta verde, due mollette verdi. Maglietta blu, due mollette blu. E così via. Ogni capo steso a cinque centimetri dall'altro. Ecco che non riesco a sopportare tutta quella precisione e comincio a rendere quello scempio più guardabile. Scambio tutte le mollette, molletta grande verde con molletta piccola rossa su maglietta blu, molletta bianca e rossa su mutanda fucsia, molletta gialla su pantaloncino azzurro. Molletta più, molletta meno, quel bucato diventa un bucato qualunque. Contenta del mio atto di vandalismo, rientro in casa. Passano due giorni. Oggi pomeriggio, esco sullo stesso balconcino per prendere le mie robe asciutte, quando...
Sacrilegio! Era tutto schifosamente perfetto, inimmaginabilmente perfetto e preciso. No, questo è troppo. Calo di pressione e poi VRAM giù per terra.

domenica 17 maggio 2009

Ora dell'amore infinito

Ispirato da una conversazione con un amico.

Pensate ad uno che è innamorato. No, dico innamorato sul serio.
-Continuare a vederla mi fa stare male, devo dimenticarla. Ma non riesco... non posso; continuare così peggiorerebbe le cose. Lei, così dolcemente malvagia. Devo scappare da lei, ma continuo a cercarla. Ogni volta che la vedo è come se il petto mi si squartasse, se la vita non avesse più alcun senso, sento il vuoto, l'infinito, perchè so che non è mia e non potrà esserlo, non più. La guardo sorridere lontana mentre il dolore mi uccide. Bella, maledettamente bella, perfetta in ogni sua imperfezione. Soffoco. Non gliene frega niente di me, ed io la voglio, la voglio troppo.


Non profanate il semplice. Non profanate l'amore.

sabato 16 maggio 2009

Ora della piramide di Maslow

"L'odore della tua pelle mi fa impazzire. Giuro, impazzisco. Vorrei solo saltarti addosso e dare sfogo alle mie fantasie."
Ti prego, adesso fallo, sono qui e sono solo tua. E poi andare oltre al tuo profumo, sentirti dentro di me e lasciare una piccola parte di me nel tuo corpo. Desiderio. Forte. Come inalare l'odore della benzina. Lo so, fa male, ma che ci posso fare, è così soddisfacente...
Non smettere mai di essere, non smettere mai di sorprendermi.
Ma ora basta così, cara maledetta testa, smetti di illuderti e guarda le cose positive senza castelli per aria. Godi, ma non troppo. Impara il concreto. Impara l'ammettere il vuoto attorno a te. Impara a sentire il nulla e a non riempirlo con i sogni e con il desiderio. Impara a farti da parte e ricordati perchè hai deciso di vivere, ma più di tutto ricordati che la felicità non ti apparterrà mai.
Guardati indietro e impara dagli errori, e se ce ne sarà bisogno, preparati per un terzo punto e accapo, per prevenire.


Spiegatemi perchè son tre giorni che non scrivo nulla di decente o accettabile, spiegatemi perchè non sono più capace di fare qualcosa di cui non posso fare a meno. Cosa fareste se all'improvviso non sapeste più camminare. Ecco, non trovo più le parole. Arrivano in ritardo e scombussolate. Oh, Moira (fato, destino o come vuoi che ti chiami...) perchè mi fai questo?

venerdì 15 maggio 2009

Ora dei treppuntinidisospensione

Avevo in mente di parlare di Eudè. Ma niente, niente lato pessimistico e apocalittico della vita per oggi. O forse non tanto degno di nota. Il nothing bad to say a volte fa persino piacere. Non mi riconosco.

giovedì 14 maggio 2009

Ora delle scarpe 47 e 1\3

Sai, è sera, e io sono quì a pensarti. Questa volta niente ossessioni, questa volta niente castelli per aria. E non ho difficoltà ad ammettere che ti vorrei quì. Ti vorrei spudoratamente quì, seduto di fronte a me. Ho solo voglia di sentire la tua voce ancora un po' o solo voglia di sorridere senza un motivo ben preciso, ho semplicemente voglia di stare bene ancora un po', giusto ancora un po'. Niente di più che una buona conversazione, se sei d'accordo, posso ancora desiderare di volerti qui. Ora sorrido. Lo so, è solo un altro effimero attimo di pace con me stessa, lo so, durerà poco, ma prego... lasciatemelo godere ancora un po'. Quando sarà tempo di disperarsi e sprofondare nella merda, lo farò, ma ora... ora mi godo il mio attimo di pace. E tu, grazie per avermelo regalato.

martedì 12 maggio 2009

Ora dei cali di pressione

Agitata, confusa, nervosa, intrattabile. Ha passato l'intera giornata a trovare il tasto Delete per le sue ossessioni. Niente, proprio non si trova. Ora forse è più tranquilla, sì, proprio ora che ha la pagina bianca davanti agli occhi pronta per subire la sua pazzia, lei è più tranquilla. Fatto sta che domani è Mercoledì. E non un Mercoledì qualunque. Domani deve andarsi a prendere un gelato in compagnia. (chiamarlo appuntamento le dà fastidio). Non che ci sia niente di così eccezionale, solo che... non le va neanche di raccontare. é una lunga storia. Non che non voglia rendere partecipi della sua vita i numerossissimi lettori di questo blog (come no), ma semplicemente è una cosa lunga e pallosa. Quindi, domani si va a prendere un gelato con lui. Cosa la preoccupa?

Il dove. E il resto. Mi spiego. Un paesino piccolo, ma così piccolo, ma così piccolo...
Un paesino in cui striscia velenoso il pettegolezzo. Lei ha sempre odiato tutto quel parlottare, tutto quel sapere "tutto di tutti". Tutti, per i quali un gelato è come un matrimonio. Le voci cominciano a girare velocemente e in tutto quel girare vengono, come sempre, distorte. E ciò è semplicemente squallido. Ecco perchè odia il suo paesino, ecco perchè vorrebbe solo prendere un treno e andarsene di qua. Ma, che tu voglia o no, il tuo paesino te lo porti con te, con tutte le chiacchiere, con tutto ciò di bello e di brutto che ci sta. Sei legato indissolubilmente alla tua terra, alle tue origini, al tacco dello stivale. Ti nasce dentro, e si finisce ad avere un rapporto di "Odi et amo" con quella terra, che resterà, volente o nolente, la tua. E poi tutta la gente, gente che spettegola ma che non ha le palle (perdonatemi l'espressione) di prendersi le proprie responsabilità e sparisce, lasciandoti solo come un cane. Gente che ti ha insegnato a non avere nulla che te stesso. Anche adesso, che vorresti soltanto un po' di appoggio.

lunedì 11 maggio 2009

Ora delle sciarpe rosse

Il cuore ti batte forte, davanti a te il burrone. Puoi buttarti. Conseguenze:
1. Ci sarà qualcuno a prenderti laggiù.
2.Ti farai più male, ma non raggiungerà mai il male che hai sopportato fino ad ora.

Ti servirebbe solo qualcuno che ti dicesse: Buttati.

domenica 10 maggio 2009

Ora dei piedi sulle spalle

Le illusioni sono come tappezzeria in una casa senza fondamenta. Preveniamole, e se non sono state previste fondamenta (certezze), allora piantiamo i pomodori sul nostro lembo di terra.


P.S. Ero indecisa se mettere come titolo Ora dei piedi per terra e Ora della testa sulle spalle. Ecco perchè.

sabato 9 maggio 2009

Ora del gatto ghepardato

Mi andava di scrivere una cosa leggera, da Sabato mattina. Quindi niente pensieri profondi.



Un negozio di intimo dai colori fluorescenti, pareti e arredamento verdi fucsia gialli arancio. E una commessa platino. Con tutti questi colori quasi quasi mi vien voglia di divertirmi.
-Vorrei qualcosa di provocante.
Mi squadra e punta i suoi occhi sul mio corpo dalla testa in giù.
-Taglia?
Ecco, sinceramente non lo so. Non l'ho mai saputo di preciso. Alcune volte seconda, alcune volte terza. E non ho mai capito perchè.
- Seconda... terza.
- Seconda o terza?
- Non so. Mi porti la seconda e la terza, perfavore.
-D'accordo.
Se ne viene da dietro la porta fucsia con 5, 6, 7, scatole e mi mostra il contenuto. Ghepardato, tigrato e di pizzo.
Mi mostra il camerino e io mi ci fiondo dentro. Sento l'ombra che si ferma dietro la mia tenda. Mi provo il primo, è una seconda. Di starmi bene mi sta bene, e anche la taglia sembra giusta. L'ombra mi chiede
-Come va?
Se vi state chiedendo se è normale, vi rispondo di no, non è assolutamente normale.
- bene.
L'ombra scosta la tenda e osserva.
- Sì, è decisamente la tua taglia.
-Mi faccia provare anche la terza.
- Come vuoi.
Detto fatto. E c'è da dire che mi sta bene. E la taglia sembra quella giusta. Se vi state chiedendo come sia possibile, vi rispondo che non lo so.
L'ombra scosta la tenda e rimane scandalizzata emettendo un suono imprecisabile
- Aaaaaaaaaah. Ma...ma... non è possibile!
E i suoi occhi si allungavano sempre di più sulle mie tette seconda\terza. Tra i due reggiseni, non avvertivo alcuna differenza. Anche se la differenza della stoffa tra le mani era evidente. Mi guardò come se avesse visto un mostro.
Ho preso la terza, non so perchè. E per tutto il tempo lei ha continuato a fissare la mia faccia e le mie tette, chiedendosi come fosse possibile. Me ne sono andata con la mia busta fluorescente pensando al dilemma che avrebbe tormentato ancora per un po' la povera malcapitata, dilemma con cui ho imparato a convivere.
Sono una seconda\terza. Tutto quì.

giovedì 7 maggio 2009

Ora dei sussuri nelle orecchie

Sera, buio, luna, aria aperta. Entrambi seduti, l'una con la testa sulle gambe dell'altro.
- Sai, a volte è proprio di questo che ho bisogno.
- Eudè, la luna puoi vederla tutte le sere.
- Non lei, guarda il resto, il buio. Ho spesso voglia di buio.
La mano di lui tra i capelli di lei. Lei la prende e tira un pizzicotto.
- Aiah, Eudè, che ti è preso?
- Lo so che sei un sogno... cosa aspetti a sparire?

mercoledì 6 maggio 2009

Ora delle vecchie ferite

Magari tu hai passato il pomeriggio sui libri, a destricarti tra Calvino, Svevo e Pavese. Inutile dire che sapevi tutto. E quando dico tutto, intendo tutto. Mattina, la vecchia prof ti chiama. E tu sei pronta. Cominci a pregustarti il sapore della vittoria. Ah, dimenticavo, un piccolo particolare, la prof in quesitione non ti sopporta, pensa che tu non sappia neanche tenere in mano la penna e ti mette sempre e comunque i bastoni tra le ruote.
Tutto liscio. Calvino e Svevo perfetti. Anche Pavese sta andando niente male.
-... e infine muore di suicidio in seguito ad una profonda crisi esistenziale.
- Sì, che tanto lo sappiamo che questi qua sono tutti cretini, insomma ragazzi, dovete capire che non hanno una buona salute mentale, sono tutti così gli scrittori.
Senti dentro di te la rabbia che esplode, che lì l'unica cretina è quella vecchia dietro la cattedra, per te. Ma tu sei educata, non puoi...
- Io non la penso così.
Oh, cazzo. Venti facce che ti osservano come se avessi commesso un'eresia. Tu sei quella che non si è mai ribellata, tu sei quella che si è stata zitta perfino quando le è stato detto "Scrivere? Ma se non sai neanche come si tiene in mano la penna!". E ora che fai?
La sua espressione di sfida. Cominci a parlare di getto, mettendo sulla piazza i tuoi pensieri.
- Io penso che invece gli scrittori siano persone molto sensibili, penso che vedano la vita in modo molto più profondo, anche soffrendo molto di più. Sono persone straordinarie.
Le gambe che ti tremano. Il silenzio, intorno a te.
- Vattene a posto, 6 e mezzo.
Silenzio. Nessuno ne parlerà mai più di quell'interrogazione. E ritorni al tuo banco, un po' scossa, piena di rabbia e frustrazione, nel silenzio generale. Poi, uscita da scuola, cominci a ridere di gusto, senza neanche un perchè.

martedì 5 maggio 2009

Ora delle bruschette paneolioepomodoro

Pomeriggio tardi. Tramonto. Sole in faccia. Sole che rende magico persino un paesino sperduto nel Sud, a bagno nel tacco dello stivale. Fa impallidire i muri bianchi delle case e dipinge il suo regno sui toni dell'arancio. la strada impolverata ora è dorata, lì, di fronte a te, e finisce nel sole. Ti volti e osservi la tua lunga ombra seduta. La coppietta seduta al tavolino della gelaterìa che ne ha visti passare di baci così, i bambini seduti sul muretto che gridano e si spingono, le due vecchie che farfugliano da un balconcino all'altro, sedute lì, senza tempo, tutto quello che per anni hai odiato ed amato allo stesso tempo, eccolo lì. L'amico che sbuca all'improvviso e che ti porta a prendere il gelato, e ovunque tu vada, ti conoscono così bene che non hai bisogno di dire niente. Gianduia e vaniglia. Lo sanno già. Due buone chiacchiere e poi una passeggiata fino al lungo mare, che poi mare non ce n'è ma si chiama così. No, non ti stai sbagliando. Sei proprio a casa.



lunedì 4 maggio 2009

Ora del bacio della buonanotte

Come se ti mancasse un pezzo della vita, come se ti fossi perso qualcosa, o come se qualcosa ti fosse stata negata. Dalla Moira, forse. Come se non ti fosse stata concessa la felicità. Ed è buffo, se ti chiami così. Eudaimonìa. Secondo gli antichi greci, l'amore può essere di tre tipi.

Primo tipo, prima parola: Filos. Amicizia.

Seconda parola: Eros. Passione.

Ma lei non ci crede nell'amore, o meglio, non crede nel suo, di amore. Destinata alla solitudine e alla infelicità. Lei non ci crede più, che l'amore esista. E si rifugia nel sogno. Dove tutto è possibile, dove la parola felicità assume un qualche vago significato. Maledetta Moira, Fato, Destino o come vuoi che ti chiami, dal rossetto scarlatto, perchè le neghi tanto?
Il dolore che senti, il pezzo che ti manca, non è altro che voglia di amore.

Terza parola: Eudaimonìa. Felicità.

venerdì 1 maggio 2009

Ora dei pasticcini imbottiti di crema

Eccola. Che dire... divertitevi!

Seduta sull'orlo della sua vita, Elvira pensava. Era la prima volta, mesi passati a cancellare una parte della sua vita, che guardava in faccia il suo passato. Una parola: Vento. Perchè Elvira, quando c'era qualcosa che non andava, prendeva il treno e se ne andava. Via, nella stessa direzione del vento. Si lasciava la sua vita alle spalle e ricominciava da zero. Prendeva tutto e partiva, prendendo il primo treno che andasse nella stessa direzione del vento. Il vento era l'unico compagno di viaggio, insieme ad un quadernetto nero, dalle pagine completamente bianche. Erano le sue poesie. Era la sua vita. Bianca. Vuota. Poi un giorno arrivò in un paesino del sud, accompagnata dal Libeccio. Un paesino abbastanza tranquillo, e -come succede sempre nei paesini piccoli- dove tutti sanno tutto di tutti. Ed era ovvio che si cominciò a parlare anche di lei. Ma nessuno sapeva niente di lei, oltre al nome. Elvira non aveva alcun passato, o forse ne aveva troppo. Cominciò a lavorare come segretaria in uno studio medico. Poi, un giorno, successe. Stava pranzando da sola in un piccolo ristorante dall'aria familiare, quando difronte a lei si sedette un lui. Giovane, dall'aria di bravo ragazzo.
- Nessuno sa nulla di te. Volevo farti i complimenti. Sì, insomma... sei la prima di cui non si fa pettegolezzo. E ne sono alquanto contento. Non sopporto le parole vuote di questo paese. E così tu saresti cosa, una donna senza passato, forse?
Elvira guardò lo sconosciuto e successe. Così, di botto, senza preavviso. Si innamorò. In tutti i suoi viaggi, in tutta la vita che le era passata davanti, non le era mai successo. Sì, parlo di amore. La colse di sorpresa.
- Una donna senza passato, sì, è questo che sono.
Continuarono a parlare, anche il giorno dopo, e quello dopo ancora, e ancora, e ancora, e ancora. Poi, una notte, si scoprirono ad amarsi. Così, amarsi semplicemente. Lei aveva paura, paura di tutta quella vita che le si era presentata all'improvviso davanti agli occhi, paura della stabilità, paura dell'equilibrio. E così, passata la notte, partì alle prime luci dell'alba, mentre un filo di luce accarezzava la pelle dell'amato tra le bianche lenzuola. Via, lontano, con la convinzione di dimenticare tutto ancora una volta, semplicemente cancellandolo con una morbida gomma rosa. Ma questa volta era diverso, perchè non ci riusciva. Lui provò infinite volte a chiamarla e fece di tutto per rintracciarla, ma lei, sparita. Come una bolla di sapone sul pavimento.
E ora è la, che pensa. é passato quasi un anno. Eccola là, seduta sull'orlo della sua vita. Guardando il mare che sbatte contro gli scogli e il sole arancio che piano piano affoga. D'improvviso, una mano sulla sua spalla.


Continua qui.