venerdì 31 dicembre 2010

Questo Ventiundici

E suppergiù un anno fa tentavo di fare tutto quello che le persone fanno in queste occasioni. Un bilancio, una lista di buoni propositi e gli auguri. E, l'anno scorso, lo facevo dando i numeri.
Ora, che come di consueto mi fermo e faccio un pochino il punto della situazione, perchè secondo me è una genialata quella del capodanno, perchè uno mette in pause e ha il tempo per rendersi conto di dove sta andando e dove vuole andare, dicevo, ora che mi trovo per le mani le esperienze di un anno intero, questo Ventidieci, mi viene solo da sorridere.

Perchè io in questo ventidieci ho ricominciato a credere nel buono delle cose e delle persone.
Ho deciso di inseguire solo le cose Vere, e ciò mi è costato non poco.
Ho imparato che non è mai troppo tardi per fare pace con se stessi. E con gli altri.
Ho stilato una lista dei futuri mariti (siamo ad una ventina, ora).
Ho guardato il deserto della California seduta su una panchina.
Ho ascoltato i Baustelle, anche troppo, anche dal vivo.
Ho scoperto che le cose belle esistono.
Come l'Amore.
Perchè io, in questo ventidieci, in maniera del tutto infantile e criticabile, mi sono innamorata. Di un sacco di cose. Della mitologia greca, del tramonto, della luna, del pollo al curry, di lui.

E i buoni propositi sono sempre tanti, sempre troppi, sempre troppo impossibili. Come boicottare la Coca Cola e la Nike.
Come disintossicarmi dal caffè, o studiare di più, o imparare l'albanese, o vestirmi meglio, o truccarmi, come finire di scrivere le cose che comincio, come abituarmi alle borse piccole.
So bene che a questo punto come minimo mi sono guadagnata la fama di pazza sclerata, ma, ecco, per lo meno, io ci provo. Prima di tutto a continuare a costruire la mia vita come ho iniziato a fare, e poi cercando sempre di fare meglio, in questo Ventiundici.

Buon Ventiundici, gente.

sabato 25 dicembre 2010

Ora dei pacchettini e dei fiocchi e dei Oh che bello

E questo è uno di quei post tutti uguali sul Natale, quelli che sanno di panettone, così tanto che una volta finito di leggerli, senti ancora un po' l'uvetta tra i denti...
Questo è un post di quelli, perchè ha scelto di essere un post di quelli, perchè nonostante io sia abbastanza distante dal vero significato del Natale e compagnia bella, io, oggi, voglio spendere due parole dolci, per le persone.
L'atmosfera natalizia è una cosa meravigliosa, presa nella giusta quantità. Certo, è svanita tutta la magia che era racchiusa negli scatoloni insieme all'albero, ma è bello vedere le persone tutte prese da questa cosa magica che sarebbe il Natale, consapevoli che al massimo tra due giorni sarà tutto come prima, se non peggio. E' normale, è così, così è sempre stato.
Ma quest'anno c'è una novità. Una novità, già. Di quelle che faranno piovere zucchero a velo su questo post e vabbè, è Natale, tralasciamo la linea.
La novità di quest'anno, è la Felicità. Ecco, l'ho detto. Sono caduta anch'io vittima del dolciume natalizio. Ma non disperate se anche voi in questi giorni siete tutti così molto zuccherosi, poi passa.
Buon Natale,
davvero, perchè è giusto che tutti godano un po' della magia perduta.
Buon Natale,
e lasciate il lato triste di voi stessi per un altro giorno.
Buon Natale,
perchè deve essere così, e basta.

lunedì 20 dicembre 2010

Ora dei carillon spezzati

Cercò i suoi occhi, ancora così pieni di vita. Le mani scarne cercarono il viso bianco della bambina. Nessuna lacrima, da nessuna parte.
La mano si abbandonò sul lenzuolo bianco, quello con il bordino rosa ricamato e una bambina dai capelli rossi in un tondo azzurro, e sotto, ricamato in corsivo Josephine.
Negli occhi sfilarono le parole.
Perdonami amore mio.

... Morì. In una mattina di Gennaio di non molto tempo fa. Morì. Ma con eleganza, con la stessa eleganza a cui aveva sempre fatto attenzione.

... Non morì. Perchè aveva deciso di non morire. Perchè voleva ancora il tempo di chiedere scusa come si deve. Perchè a lei non piaceva lasciare le cose così, a metà.

martedì 14 dicembre 2010

Ora del riso soffiato e mou

Perchè nel comò in fondo al salone della vecchia casa della nonna, lì, quello sempre in penombra perchè tanto non ci arrivava mai nessuno, lì... c'era lo spiritello cattivo.
E ogni volta che dovevo passare dal salone, giravo la testa per non guardarlo, e tremavo e il cuore mi saliva in gola.
Paura.
Cosa c'è dietro quegli alberi? Cos'ha fatto quel rumore in cucina? Il vaccino? No, le siringhe no, non mi piacciono.
Paura.
Ci viviamo dentro. E siamo pronti a mandare male chiunque ci spinga ad affrontarla, come se, puf, passasse. No, non è proprio così che funziona. Se chiudi un claustrofobico in una scatola, state pur tranquilli, non guarisce.
Ma. Come tutto ciò che è stato progettato, anche la paura dovrà pure avere uno scopo. Un po' come il dolore. Serve.
Certo, non deve diventare patologia.
Io, la paura, non so come si curi. Nonostante io e la paura siamo pappa e ciccia, proprio non lo so, come uscirne.
E la mia paura non si ferma al comò della nonna, o alle siringhe. No.
Ho paura degli sguardi della gente, parlano troppo.
Ho paura del mare, quando non vedo il fondale.
Ho paura del futuro.
Ho paura della solitudine.
Ho paura di dire ti voglio bene.
Ho paura di lasciarmi cadere all'indietro.
Ho paura di non essere abbastanza.
Ho paura di un'altra miriade di cose, che non basterebbe un trattato, per scriverle tutte.
Fatto sta, che alcune di queste sono proprio scomode.
Come quella di amare,
punto.

venerdì 10 dicembre 2010

Ora dei coltelli di paglia

Occorrerebbe fermarsi
per sorseggiare con calma
la vita,
assaporarla meglio.
Occorrerebbe tempo per
piangere,
fermarsi un attimo,
e poi
ricominciare.