lunedì 29 novembre 2010

Ora dei sogni con le scarpe

N è una ragazza che ricordo con piacere. Se ne stava lì, sola, mentre noi altri stavamo lì, insieme. Tutti dicevano che N era scema, o forse depressa, o forse tremendamente sola. Ma io ne ero attratta, nel senso, come può attrarre una persona che, si vede lontano un miglio, ha delle storie addosso. E nella fretta tutti le facevano mille domande, per convenienza, o forse perchè perfino a qualcuno, interessavano davvero, le storie di N.
E lei, quando le facevano le domande, perchè volevano sapere, sorrideva e ringraziava, e poi spariva. Voglio dire, di essere lì era lì, solo che - il suo sguardo - era come se non fosse lì, era come se guardasse, ma all'interno. Le persone le accennavano un sorriso imbarazzato e si allontanavano, lasciandola lì, o forse altrove.
Anch'io volevo sapere le sue storie, volevo possederle, volevo raccontarle, volevo capirle e tenerle tra le dita, giocando, come qualsiasi altra storia, anche se triste, che rimane un po' dolce se la arrotoli tra le dita con la carta. Solo che nessuno, neanche io, aveva capito che le storie di N non appartenevano neanche a lei, e nessuno poteva possederle. Non le aveva semplicemente vissute, ma qualcosa di più.
N è una ragazza che ricordo con piacere. Anche se non so le sue storie. Ma io, una volta, l'ho guardata negli occhi, così, per capire. E, in un paradosso, dentro i suoi occhi ho visto storie che conoscevo da sempre. Come se fino ad allora mi stava sfuggendo un minuscolo granello, che è quello che poi mi ha fatto capire che le storie non si possono sempre possedere, ma a volte bisogna sedersi e guardare. Dove ancora non lo so. E poi tacere. Come se nessuna di quelle storie potesse essere, davvero, raccontata.

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