mercoledì 29 settembre 2010

Ora dei ventagli di carta

Adoro guardarti come se non ci fossi. Dico, come se io non ci fossi, come se non fossi lì. Adoro guardarti mentre i tuoi occhi sono lontani da me, così piano, lasciando per un attimo da parte il resto, posso guardarti senza aver paura che tu legga, nei miei occhi, i miei pensieri. Adoro guardarti e provare l'ebrezza della tua mancanza, quando sei abbastanza vicino per vedermi ma troppo lontano anche solo per sfiorarmi.

domenica 26 settembre 2010

Ora dei collant smagliati

A me, le feste gne gne dove tutti si vestono gne gne e le ragazze dicono alle amiche Hai visto quella come si è vestita gne gne e tu sei lì e gli altri ti guardano e tu devi stare lì e così va avanti tutta la serata, non piacciono. Niente da fare, ho provato a farmele piacere, ma le feste così proprio non mi piacciono. Sono un po' come i funerali, dove tutti vanno e si salutano ed è tutto così maledettamente triste e inutile. E' una farsa. Le feste poi, se non ti piace ballare quelle cose lì che ballano tutti, sono davvero fastidiose. Fastidiose come quelle zie che ti guardano mentre ti stai vestendo e ti dicono Bella mia non puoi andare in giro così e la volta dopo ti vogliono propinare i loro vestiti di quando erano giovani e andavano in discoteca e non c'è niente di male ad andare in discoteca, solo che, ecco, zia, non mi piace... e loro che poi tirano fuori quel vestito trasparente di quando sono uscite la prima volta con lo zio, e a te viene da ridere perchè in quel momento stai pensando alla prima volta che sei uscita con il tuo attuale ragazzo e da sotto al cappotto avevi la maglietta del pigiama tanto non dovevate andare da nessuna parte. Certo, poi ripensi alla prima volta che sei uscita con un ragazzo e ti ricordi le urla dei tuoi piedi in quelle maledette scarpe bellissime.
Sarà che sono stata progettata veramente male, ma a me le feste così proprio non piacciono.
Ecco.

venerdì 17 settembre 2010

Ora dei bigliettini blu

"Smettila di urlare. Picchiami piuttosto, picchiami a sangue..." urlava dentro di se Sam, 10 anni, mentre stava lì incapace di muoversi davanti al triste, solito, spettacolo.
"Smettila di urlare. Picchiami piuttosto, picchiami con tutta la forza che hai in corpo, ma ti prego smettila di urlare, le tue urla mi uccidono sempre di più. Hai ragione tu, se avessi la forza per muovermi, o soltanto per parlare, ti direi che hai ragione, hai ragione, è colpa mia, hai ragione, sono una bestia, hai ragione, faccio così schifo. Ma ti prego smettila di urlare, non ce la faccio, non più. Vorrei abituarmi, davvero, vorrei con tutto me stesso abituarmi a questo, ma ogni volta è peggio, è peggio da sempre, e so che è inutile. Resto così, paralizzato fuori e dentro, con la testa che vorrebbe scappare e rimane intrappolata in questo corpo, piena delle tue urla strazianti. Non riesco neanche più a piangere. Smettila ti prego smettila di urlare, picchiami ti prego picchiami finchè hai la forza, ma smettila di urlare. Ho la nausea, lo stomaco mi si contorce e vorrei riuscire a vomitare fuori tutta la rabbia e la frustrazione che ho dentro, ma non riesco, ogni più piccolo movimento mi è impossibile. Vorrei piangere, vorrei piangere, ma neanche quello mi è permesso. E ora che fai? No, ti prego non cominciare a piangere.No, mamma, no, così mi uccidi. Non so cosa faccia più male, no non mi abbracciare, io ti odio, no non piangere no smettila smettila smettila. Convinciti pure di tutto quello che vuoi, la cosa peggiore è che domani sarà di nuovo uguale, e poi ancora e ancora, e ancora."

lunedì 13 settembre 2010

Ora dei Quelli del gas

Non potevo mica non scrivere un post sull'estate che ci lascia e l'inverno che, a quanto pare, non si è fatto attendere. E quindi eccomi qui pronta a lamentarmi di quanto sia fastidioso monotono e deprimente il brutto tempo e compagnia bella. Anche se.
D'inverno c'è il tepore del piumone.
Ci sono i miei calzettoni di lana viola.
C'è il fumo che esce dalla bocca quando si parla.
Ci sono le sciarpone.
Ci sono gli abbracci che riscaldano molto più del cappotto. (Anche quelli del mulino bianco vanno bene)
Ci sono i peli che crescono "tanto nessuno li vede".
Ci sono le coperte da mettere sulle gambe quando si poltrisce davanti alla tv.
C'è il poltrire per casa disperandosi per lo studio.
Ci sono le tazze di caffè bollente.
...
e poi, d'inverno,
c'è che si aspetta la primavera. (Ed è una cosa bellissima, dico, aspettarla)

venerdì 3 settembre 2010

Ora delle gocce che scalfiscono

Una panchina. Sembrava dimenticata, così, piantata lì al margine del burrone. Una posizione decisamente assurda, che diavolo ci fa -una panchina- lì? Si vede il margine e nulla più, di quella panchina dietro l'ultima palazzina, il resto è saggiamente nascosto dalla quercia affianco.
Un passo, solo un passo, prima di raggiungere il mistero e svelarlo, lentamente, soltanto quando si alzano gli occhi.
Ecco. Srotolato lì, quel bellissimo pezzetto di California. Meno male che il buon senso non si è estinto del tutto e l'hanno piantata lì, in quella posizione assolutamente perfetta, la panchina!
Due colline, e nel mezzo una strada non asfaltata, dipinta così per non disturbare il paesaggio, le palme, il cielo, e due uomini, lungo la strada, piccoli come formiche, che tagliano quel disegno perfetto. E poi, al tramonto, il sole non poteva che partecipare, stando lì nel mezzo, tra le due colline, e poi scomparire appoggiandosi alla valle. Se qualcuno dice la parola America, è questo che penso. E' questa l'America vera. Sono queste palme, questo cielo e queste colline che hanno un sapore diverso. Perchè questo posto è tutta un'altra cosa. Ha un andamento a parte, e colori luci suoni misure tutti suoi. L'America è grande. Grande. Nient'altro. E' solo grande. E piena di storie. Alcune le racconta la terra, o la polvere del deserto, o i grattaceli e le luci sfavillanti, e per ogni storia di queste, ci vorrebbe una panchina, dimenticata per caso sull'orlo, e qualcuno che alza gli occhi e le vede, le storie, l'America. Perchè l'America non è che grande. Soltanto spaventosamente grande.

[Ebbene, anche se in maniera del tutto confusa, qui si è cominciato a raccontare...]